Pmi, un terzo delle imprese adotta modelli di economia circolare
Lo sviluppo del settore fotografato da una indagine della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa. Il trend è in crescita, anche se non mancano ostacoli, incertezze e impedimenti
Per il rafforzamento dei modelli di economia circolare il Pnrr destina più di 2,3 miliardi di euro. Lo sviluppo di questo settore, che – come molti obiettivi della transizione ecologica – comporterà costi, nuove competenze e ripensamenti strutturali, avrà un impatto significativo sui metodi di produzione delle imprese italiane. Le aziende sono pronte ad affrontare questo profondo cambiamento? Stanno aggiornando i loro processi produttivi per renderli sempre meno “lineari” e sempre più responsabili? Da un recente studio pubblicato dal Centro Studi Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (Cna) emerge che il settore delle Pmi, spesso guardato con preoccupazione quando si parla di questi temi, si sta muovendo sempre più nella direzione dell’economia circolare.
L’indagine non si limita a sondare il livello di diffusione dei nuovi paradigmi sostenibili ma analizza anche i benefici per le imprese e gli ostacoli che ne rallentano la crescita. E, nonostante il settore delle Pmi sia sempre più orientato verso modelli di economia circolare, le criticità non mancano.
Sempre più economia circolare per le Pmi
Dal lineare al circolare, dal consumo irresponsabile delle risorse all’allungamento della vita dei prodotti, passando attraverso il concetto di riutilizzo e la riduzione dei rifiuti. Un terzo delle Pmi che hanno partecipato all’indagine Cna ha attivato processi di economia circolare. A questo gruppo, si aggiunge un 13% che ha in programma di attivarli nel prossimo futuro. A livello di consapevolezza, il 50% del campione ritiene che l’economia circolare sia un fattore strategico, quasi l’80% è convinto che si tratti di un generatore di esternalità positive per tutta la collettività e il 71,4% pensa che sia un importante impulso all’innovazione.
La nota dolente: ostacoli, complessità e incertezze
Tra le criticità che le Pmi segnalano nell’approcciarsi ai modelli di economia circolare, il podio è occupato dall’insufficiente disponibilità delle competenze necessarie. Una carenza segnalata dal 37% del campione. Altri ostacoli da tenere in considerazione sono gli investimenti ingenti per adeguare i processi produttivi (25%), le complessità burocratiche (20%), la mancanza di incentivi e agevolazioni (19%). Tutti elementi che mettono in luce l’assenza di adeguate misure di accompagnamento alla transizione, soprattutto dal punto di vista politico, e un sistema inefficace di diffusione delle competenze e delle conoscenze.
Infine, emergono difficoltà anche nella misurazione e nel monitoraggio degli output. Le imprese faticano a elaborare indicatori che aiutino a rilevare e valutare i benefici e le opportunità connessi ai modelli di economia circolare. Solo una esigua parte (il 10%) di chi ha attivato percorsi di economia circolare ha sviluppato questo tipo di indicatori.
Perché sostenere la transizione delle Pmi verso l’economia circolare
Il comparto delle piccole e medie imprese è responsabile del 41% del fatturato generato in Italia. Il loro coinvolgimento è un tassello fondamentale per raggiungere gli obiettivi della transizione ecologica. Non solo: il loro apporto sarà essenziale per mantenere in salute l’economia del Paese, che, tra provvedimenti politici, richieste della finanza e istanze del mercato, sarà sempre più legata a doppio filo ai paradigmi della sostenibilità. Se vogliamo – e forse è meglio dire dobbiamo – rinnovare il nostro modello economico, il cambiamento deve essere ampio, sistemico, trasversale.
La ricerca Cna riporta dati forse non eccezionali ma sicuramente incoraggianti e dimostra come il settore delle Pmi si stia muovendo verso percorsi di economia circolare. Ma più che i dati positivi è interessante valutare le criticità emerse, perché raccontano gli errori di oggi e suggeriscono le soluzioni di domani. Ci dicono che le Pmi non posso essere lasciate sole, ma vanno affiancate attraverso percorsi di formazione e aggiornamento. Che l’attività di reporting non è trascurabile, perché permette di valutare la direzione in cui un’azienda sta andando. Che la burocrazia va semplificata e che l’accesso agli incentivi favorito. Siamo in ascolto?