Transizione ecologica: l’X factor è la comunicazione
La crisi climatica scuote le coscienze ma non le paure e le abitudini di cittadini e consumatori. Perché trasparenza e ingaggio sono strade da battere con più convinzione
Sono spaventati dalle conseguenze della crisi climatica ma la maggior parte (il 60%) non saprebbe spiegare precisamente a qualcun altro cosa significhi sostenibilità ed è convinta (per il 74,6%) che ci sia ancora troppa confusione su questi temi a causa di un rumore di fondo che non aiuta a capire. L’ultimo rapporto Censis-Assogestioni conferma alcune tendenze di comportamento da non sottovalutare. Nonostante la narrazione del cambiamento climatico abbia fatto breccia nell’immaginario degli italiani – seppur in maniera confusa e spaesata – esiste ancora un profondo divario tra intenzione e azione. Le persone, infatti, si dichiarano disponibili e interessate a fare la propria parte ma mettono anche bene in chiaro fino a che punto sono disposte a spingersi. E qui viene il bello della sfida per chi si occupa di sostenibilità, tanto nell’agire quanto nel comunicare.
Il paradosso del “lavami ma senza bagnarmi”
Ben vengano l’impegno quotidiano e la messa in campo di azioni più “sostenibili”. Ma se per fermare il riscaldamento globale e non inquinare si dovrà ricorrere a soluzioni che faranno aumentare i prezzi di energia, prodotti e servizi, per più del 70% degli italiani occorrerà cercare altre strade. In poche parole, lavami ma senza bagnarmi. Voglio il cambiamento ma non voglio vivere sulla mia pelle le conseguenze che porta con sé. Questo paradosso, a cui ho dedicato un capitolo intero del decalogo della comunicazione ambientale (che si intitola, appunto, Lavami ma senza bagnarmi e lo trovate qui), è sempre più evidente. Da una parte le intenzioni dichiarate, dall’altro la difficoltà a modificare i propri comportamenti. E, nel momento in cui la transizione verso modelli più sostenibili passa dalla fase concettuale a quella operativa e le sue conseguenze iniziano a farsi sentire, sciogliere questo nodo diventa centrale.
Dati simili emergono dal rapporto Coop 2021 sull’economia, i consumi e gli stili di vita degli italiani che si affacciano sul 2022, utilissimo strumento di lettura dell’oggi e del domani. La quasi totalità degli intervistati (97%) si dichiara disposta a cambiare alcune delle proprie abitudini per contrastare il cambiamento climatico. Tutti, però, sembrano ancora alla ricerca della giusta chiave di volta per rendere più sostenibile la loro vita quotidiana. Perché va bene comprare in maniera più responsabile (per fare solo un esempio tra i tanti, nel 2021 i prodotti bio hanno fatto registrare l’ennesimo boom), va bene evitare gli sprechi alimentari, però a lavatrice e lavastoviglie non si può proprio rinunciare!
Si tratta solo di capricci?
Siamo tutti bambini che puntano i piedi di fronte alle sfide della transizione ecologica? Partiamo col dire che tutti noi viviamo anche di tentativi imperfetti, incoerenze, contraddizioni. Se vogliamo davvero ingaggiare e coinvolgere i pubblici nella trasformazione verso un modello economico e sociale più sostenibile dobbiamo essere consapevoli di queste caratteristiche. Che da un certo punto di vista non sono né incomprensibili né ingiustificabili.
L’insostenibilità della sostenibilità
Non si può pensare che oggi il singolo individuo cambi del tutto stile di vita in un contesto che non è ancora organizzato per accompagnarlo nel cambiamento. Le famiglie si barcamenano – e l’avvio del 2022 è emblematico – tra conseguenze della coda lunga della pandemia, complicatissimi equilibri casa-lavoro, aumenti dei prezzi dovuti a scenari internazionali e macroeconomici. E così alcune soluzioni sostenibili dal punto di vista ambientale diventano insostenibili sul piano personale.
Il grande tema sullo sfondo in questa contraddizione è il ripensamento del modello economico e di consumo. Alcuni obiettivi potranno essere raggiunti solo adottando un modello economico completamente diverso da quello attuale, che si basa anche su una riduzione della necessità del consumo. Perché le azioni davvero sostenibili sono radicali e trasformative. Ed è qui che nasce la schizofrenia messa in luce dalle indagini di Censis e Coop. Da una parte gli italiani sono disposti a modificare i propri comportamenti fino a un certo punto ma allo stesso tempo non esistono alternative valide che li spingano a compiere fino in fondo questo cambio di passo più che mai necessario. E così la transizione si arena su lavatrici, lavastoviglie, bollette del gas e non solo.
Risolvere il cubo di Rubik
Per superare questo stallo occorre giocare di strategia, individuando i campi in cui è possibile intervenire. E gli aspetti su cui possiamo agire sono due.
Il primo è la ricerca tecnologica. Certe sfide si possono affrontare soltanto mettendo in campo soluzioni che superino alla radice il problema e siano percepite dal pubblico come una reale alternativa sostenibile. E questo i cittadini-consumatori lo sanno già: il 74% degli italiani (indagine Coop) intende adottare nei prossimi dieci anni la tecnologia per facilitare e rendere più sostenibile la propria vita. La tecnologia, però, da sola non è sufficiente, né si può pensare che risolva dall’oggi al domani tutti i problemi legati alla crisi climatica. Occorre perciò agire anche sulla sfera comportamentale degli individui, favorendo l’adozione di abitudini più sostenibili, anche se faticose e impattanti.
La comunicazione come X factor della transizione ecologica
E allora torniamo alla comunicazione e al punto 6 del nostro decalogo (“Lavami ma senza bagnarmi”):
“Solo a persone coinvolte attivamente e prese sul serio è possibile chiedere aiuto, condivisione di obiettivi e cambiamenti di comportamento, abitudini, prospettive ”
È dunque necessario essere trasparenti, mettendo in luce pro e contro di ciascun tassello della transizione ecologica ed evidenziando come il percorso per arrivare a certi obiettivi in molti casi non preveda scorciatoie. E la comunicazione, intesa nel suo significato originale di messa in comune, può davvero rappresentare il fattore X per la transizione ecologica, il valore che moltiplicato determina la forza del gruppo. Non serve a nulla, per fare solo un esempio, regalare ai propri dipendenti una borraccia senza coinvolgerli attivamente nel ridisegno in chiave sostenibile di tutte le matrici ambientali e sociali dell’impresa. Insomma, lavarsi insieme renderà meno problematico il bagnarsi fino a farlo diventare prima o poi prassi comune.
Per approfondire il punto 6 del decalogo della comunicazione ambientale vai qui.
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