La transizione ecologica a nove teste e il labirinto dei bivi sostenibili
Non è un mito ma la nostra realtà: per affrontare la complessità della svolta green a nulla serviranno le scorciatoie
Parliamo ancora di transizione ecologica e PNRR. E non penso sarà l’ultima volta. Questa grande operazione, che ricorda alla lontana le grandi imprese degli eroi dell’antica Grecia, un po’ ricerca del Vello d’Oro un po’ fatica di Ercole, sta continuando a rivelare pezzo dopo pezzo le sue mille sfaccettature di complessità. Un intreccio di istanze diverse, esigenze, rischi e benefici ben raccontato dall’articolo che inaugura la collaborazione con La Stampa del Professor Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte, intitolato “Pale eoliche e pannelli fotovoltaici, non è così che si cura l’ambiente” (1 luglio 2021, pg. 15). Che si sia d’accordo o meno con la presa di posizione del Professore, quello che c’interessa della sua riflessione è la necessità di dare sostanza al dibattito pubblico.
Per governare la complessità è necessario prenderne coscienza
Quando si parla di energia rinnovabile, di pale eoliche e pannelli fotovoltaici, idealmente siamo tutti d’accordo. Cambia interamente la prospettiva, però, quando caliamo questa realtà nella pratica quotidiana di un Paese come il nostro, con le sue specifiche caratteristiche fisiche – scarsa estensione territoriale e presenza di pianure, fragilità idrogeologica, alta sismicità oltre alla vocazione agricola e turistica. A quel punto la situazione si complica notevolmente. Ed è proprio questa difficoltà che va affrontata di petto, altrimenti rischieremo che, “tagliata” una delle teste della transizione ecologica, al suo posto ne crescano altre due.
Prendere in carico i dubbi, i punti di vista, le sensibilità, gli aspetti critici intorno alla svolta ecologica, è imprescindibile per gestire la transizione. Se si vuole dare un senso all’obiettivo 2050 di “carbon neutrality”, gli impianti per le energie rinnovabili sono necessari. Ma per metterli a terra nel modo più semplice possibile – minimizzando tensioni, opposizioni conflitti – occorre prendere consapevolezza anche degli aspetti più controversi. E su questo c’è ancora un enorme lavoro da fare.
Dal grande al piccolo: i comportamenti individuali
Questa mancanza di profondità, questa adesione “epidermica” ai principi della transizione ecologica che non tiene conto dei suoi elementi più sofferti e divisivi, si può cogliere anche da una recente ricerca dell’Eurobarometro sul cambiamento climatico. Che conferma non solo una profonda preoccupazione rispetto al cambiamento climatico ma anche la convinzione nel dover investire nella svolta green nonostante i suoi costi. Ma che, altresì, evidenzia più di una contraddizione nei comportamenti individuali.
Le azioni più “gettonate” tra quelle messe in campo dal campione degli intervistati sono, infatti, il riciclo dei rifiuti, la raccolta differenziata, la riduzione dell’usa e getta. C’è, al contrario, maggiore incertezza sui comportamenti che richiedono uno sforzo in più: isolare l’abitazione per ridurre i consumi, tener conto dell’impronta di carbonio dei generi alimentari, privilegiare mezzi di trasporto più ecologici rispetto ai mezzi privati, monitorare i propri consumi. Questo ci racconta che sono passati alcuni messaggi più mainstream, mentre quelli più complicati, che comportano la messa in discussione di abitudini consolidate, restano ancora al palo.
Transizione ecologica: una strada disseminata di bivi
È evidente che l’adesione ai principi della transizione ecologica non è accompagnata da un’uguale presa in carico delle sue conseguenze più difficili.
Le scelte che ci troveremo di fronte – e non fra cento anni ma domani – saranno radicali e ognuna sottintenderà la perdita di qualcosa. Se non si percepisce l’urgenza di entrare nel merito delle questioni, rischiamo di perderci in un labirinto di bivi, immobilizzati dall’incapacità di decidere. Le istituzioni nazionali e locali così come le associazioni di categoria devono accelerare moltissimo su questi temi. E magari guardare alle prime esperienze di alcune imprese leader, che, dovendo assicurare la continuità del loro business, si stanno attivando per simulare i possibili scenari, con i vari piani di sostenibilità a lungo termine.
Per ogni scelta una responsabilità
È il caso, ad esempio, di A2A, che nell’attività di ascolto e ingaggio dei territori serviti, sfrutta proprio la strategia dei bivi, mettendo gli stakeholder di fronte alla responsabilità delle scelte da prendere: quali esigenze vanno tutelate, quelle della Generazione Z oppure dei Boomers? Su cosa puntare, su nuove tecnologie o sull’adozione di comportamenti consapevoli? E così via, per metterti di fronte a una scelta netta che, però, fa emergere tutte le sfumature, fa capire cosa perdi quando scegli una strada e, soprattutto, ti costringe a fermarti e pensare prima di decidere. Tutto ciò, insomma, che manca oggi al dibattito sulla transizione ecologica, ripiegato unicamente sul “mantra” dell’orizzonte green: per (ri)vedere la luce, però, occorre affrontare il Minotauro!