Oltre il sole. Di cosa abbiamo bisogno per una vera “Rivoluzione Verde”?
Una riflessione sulle rinnovabili, il nucleare e lo sviluppo tecnologico degli accumulatori di energia di Alberto Floreancig.
Il termine “Rivoluzione Verde” rischia di diventare uno di quei concetti astratti su cui, in linea di principio, siamo tutti d’accordo ma su cui sappiamo molto poco.
Saperne poco di energia, rivoluzione verde, rinnovabili e compagnia bella non è una colpa. È un argomento complicato e in continua evoluzione e, se non fosse per i danni permanenti che l’azione dell’uomo sta provocando al pianeta, potremmo dire che questo è un momento molto eccitante per l’umanità: la scoperta di metodi sempre nuovi per produrre e accumulare energia è affascinante e sta producendo risultati che nel giro di pochi anni rivoluzioneranno le nostre vite.
Quindi? A che punto siamo con le rinnovabili?
Dati del 2018 ci dicono che l’84% dell’energia che consumiamo – per esempio per scaldare le nostre case, per muovere mezzi di trasporto o per far funzionare la nostra economia – è stata prodotta tramite combustibili fossili e che tre quarti delle emissioni globali vengono proprio dal consumo di energia. Il restante 16% dell’energia viene prodotta da fonti rinnovabili ed energia nucleare. Qui i problemi sono due. Il primo è quello di elettrificare la maggior parte di quello che oggi funziona tramite l’uso di combustibili fossili: l’esempio principe in questo caso è l’auto elettrica. Il secondo problema invece sta nel produrre tutta l’energia che ci serve per far funzionare la nostra economia tramite fonti rinnovabili.
Quindi dobbiamo semplicemente costruire pannelli solari e pale eoliche a perdita d’occhio?
Non proprio. I combustibili fossili, per quanto tremendi per l’equilibrio del nostro pianeta, hanno il vantaggio di essere economici e di poter produrre energia a comando: provate a utilizzare un pannello solare alle otto di sera e vedete cosa vi risponde. Lo so, non esistono solo pannelli e pale eoliche come fonti rinnovabili: l’ho già detto, è un mondo in continua evoluzione. A parte l’idrico, ci sono le centrali geotermiche avanzate, quelle che sfruttano la forza delle onde, la differenza di temperatura dell’oceano o la forza di gravità. Ma semplifichiamoci la vita: anche se riuscissimo a coprire ogni tetto di pannelli solari e ogni luogo ideale di pale eoliche, non ci aiuterebbe comunque a risolvere i nostri problemi.
Il vento non soffia in continuazione, e la potenza del sole cambia sia durante il giorno che durante l’anno. Questo significa che il momento in cui necessitiamo di più energia non coincide quasi mai con il momento in cui produciamo più energia. Uno dei maggiori problemi che abbiamo adesso con le rinnovabili è proprio questo: quando produciamo tanto (es. da mezzogiorno alle quattro di pomeriggio) non ci serve così tanta energia e quando consumiamo tanto (es. verso sera, quando rientriamo a casa da lavoro) non ne produciamo abbastanza.
Una delle risposte a questo problema è diversificare il modo in cui produciamo la nostra energia da fonti rinnovabili, facendo in modo di produrla in scala e a basso costo. Questo però non risolve il problema di cui parlavamo all’inizio riguardo alle fonti che sfruttano l’energia solare o quella del vento: ci sarebbe sempre il problema della sovra e sotto produzione.
Cosa possiamo fare?
Tutte le decisioni che prendiamo adesso avranno un impatto per almeno i prossimi 100 anni: stiamo decidendo la nostra politica energetica del futuro, perciò ha senso non scartare nessuna ipotesi, motivo per cui ho deciso di includere nell’equazione anche la parola con la “N”.
Vale la pena prendere in considerazione il nucleare come energia di transizione?
Le cifre sono allarmanti: abbiamo pochi anni per passare a emissioni zero, ciò vuol dire eliminare totalmente i combustibili fossili dall’equazione. La ricerca sulle rinnovabili sta facendo passi da gigante, ma ora come ora non è possibile far funzionare la nostra economia esclusivamente in questo modo, non abbiamo la tecnologia necessaria.
Nucleare: pro e contro
Ecco perché l’idea di usare il nucleare come fonte di energia di transizione non è del tutto da scartare: l’energia nucleare costa poco, possiamo produrne tanta in – relativamente – poco spazio e, cosa più importante, non produce emissioni di Co2.
Tutti questi vantaggi sono però bilanciati da enormi svantaggi: costruire una centrale nucleare costa molti soldi, sono tante le persone contrarie e rimane il problema dei rifiuti tossici da smaltire. Attualmente stiamo studiando diversi metodi per sfruttare i rifiuti tossici derivati dalle centrali nucleari, ma al momento non c’è nulla di applicabile commercialmente.
La scelta sarebbe tra un disastro immediato, derivato dall’uso dei combustibili fossili, o il rischio calcolato derivato dall’apertura di centrali nucleari di nuova generazione, che contribuirebbe a diversificare la nostra produzione di energia e a ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili.
La domanda che dobbiamo porci, quindi, è se ha senso puntare tutto sulle rinnovabili o se sia meglio prenderci il rischio – e la responsabilità – di aprire al nucleare per combattere il cambiamento climatico. Messa in questo modo la domanda suggerisce già la risposta, se non fosse che per avere il quadro completo della situazione, ci manca un pezzo: gli accumulatori di energia, o in parole povere, le batterie.
Un altro elemento dell’equazione: le batterie
Per risolvere il problema dell’intermittenza, di cui soffrono molte fonti di energia rinnovabili, abbiamo bisogno di un’enorme capacità di accumulo di energia. Per farla breve, ci servono molte batterie così da poter accumulare l’energia prodotta in eccesso durante i periodi di picco, la quale verrà poi rilasciata nel momento più opportuno.
Uno dei sistemi migliori che abbiamo trovato per accumulare grandi quantità di energia sono, per esempio, le centrali idroelettriche: l’acqua che fa girare le turbine viene immagazzinata in un lago artificiale e, al momento opportuno, verrà rilasciata per far girare le turbine. Quello che a noi serve però sono dei veri e propri accumulatori di energia che ci permettano di immagazzinare l’energia del sole e del vento, in pratica: batterie.
Lo sviluppo tecnologico
La tecnologia alla base delle batterie sta facendo passi da gigante. Le batterie agli ioni di litio con cui facciamo funzionare la maggior parte dei nostri apparecchi elettrici, dai cellulari alle auto, costano sempre di meno e, a prima vista, sono il candidato principale per raggiungere il nostro obiettivo. Purtroppo non è cosi semplice. Le batterie agli ioni di litio presentano
molteplici problemi: dall’approvvigionamento delle materie prime allo smaltimento, dai problemi di instabilità (questo tipo di batterie sono molto infiammabili), ai problemi di perdita di capacità dopo un certo numero di cicli di ricarica (motivo per cui la batteria del vostro telefono non tiene più la carica come quando l’avete comprato).
Tutti questi possono essere problemi secondari se applicati ad un computer portatile o a un telefono cellulare, ma diventano di estrema importanza nel momento in cui è necessario progettare una centrale di accumulo. Le prospettive per avere degli accumulatori di energia che facciano al caso nostro, ovvero delle batterie stabili, a basso costo, possibilmente più ecologicamente sostenibili e di uguale o maggiore potenza… sono molto buone.
Le batterie del futuro
Per quanto riguarda le batterie necessarie per far funzionare strumenti di piccola o media dimensione, quindi dai telefoni alle auto, si parla già di roboanti annunci per il 2025: diverse compagnie automobilistiche stanno investendo molti soldi nella ricerca e nell’applicazione commerciale di quelle che si chiamano “batterie allo stato solido”. Questo tipo di batterie risolverebbe i problemi di instabilità che hanno quelle agli ioni di litio, inoltre sembra siano più ecologiche da produrre e che durino molto di più: annunci parlano di una durata di anche 2 volte superiore rispetto alle batterie agli ioni di litio, se non di più.
Una tecnologia di questo tipo applicata ai veicoli elettrici prometterebbe di rivoluzionare il nostro stile di vita e di dare una spinta decisiva ai veicoli elettrici.
Per quanto riguarda gli accumulatori di energia per grandi complessi, invece, ci viene in aiuto una società americana chiamata Ambri, la quale ha sviluppato delle batterie fatte esclusivamente per la rete elettrica: le batterie al metallo liquido.
Questa tecnologia sta già venendo commercializzata e promette di risolvere il problema dell’accumulo di energia di cui abbiamo parlato fino adesso: sono batterie che sono fatte esclusivamente per la rete elettrica, che registrano una perdita di energia minima anche dopo 5000 cicli di ricarica, il cui costo dei materiali è più basso rispetto a quello delle batterie agli ioni di litio e che promettono di durare fino a 20 anni, ma soprattutto, sono molto stabili e non presentano rischio di combustione.
Investire sulle rinnovabili
Chiedersi se usare il nucleare per abbattere le nostre emissioni di combustibili fossili è legittimo, ma personalmente credo che siamo ad un passo dalla svolta che ci serve per rendere le rinnovabili un’alternativa vera ai combustibili fossili. Dobbiamo investire su rinnovabili e accumulatori di energia perché quello che ci serve è un modo economico e scalabile per accumulare l’energia che produciamo.
Certo, non vedremo i risultati di questi sforzi per almeno 10 anni, ma è quasi lo stesso tempo che impiegheremmo per costruire una rete di centrali nucleari, per non parlare dei costi da sostenere e dell’opposizione dell’opinione pubblica in Paesi come Italia o Germania.
Ho iniziato a studiare per scrivere questo articolo mettendo in dubbio la mia ferrea opposizione al nucleare, la quale però ne esce rafforzata. Il futuro su cui dobbiamo puntare è verde, e ciò significa investire su energia rinnovabile e accumulatori. Una piccola riflessione per quando leggerete la quantità dei fondi del Recovery Plan italiano che andranno a finanziare progetti di questo tipo.
Alberto Floreancig