Il pay gap tra top manager e dipendenti diventa sempre più insostenibile

26 Lug, 2022 | Focus Mondo

Sostenibilità: i vantaggi competitivi per le imprese

Mentre il tema del salario minimo scuote l’Europa, pochi parlano del problema opposto. I top manager guadagnano troppo? Il fenomeno è cresciuto negli anni e oggi il divario è davvero profondo.

Si può parlare di sostenibilità economica aziendale quando la differenza salariale tra top manager e dipendenti è in costante aumento dagli anni ‘80? Fino a quarant’anni fa, in Europa i Ceo prendevano al massimo 45 volte lo stipendio del loro dipendente più sottopagato. Nel 2008 questa forbice è quasi decuplicata (416) e ha continuato a crescere fino al 2020, quando la media dei salari dei top manager europei è arrivata a essere 649 volte lo stipendio medio annuo di un operaio.

Il pay gap in Europa: casi eclatanti e trend di cambiamento

Non mancano i casi in cui questa differenza è ancora più accentuata. Nel 2021 l’AD di Stellantis Carlos Tavares ha percepito 19,10 milioni di euro, pari a 758 volte lo stipendio di un suo metalmeccanico. Pur essendo una remunerazione giustificata dalle ottime prestazioni dell’azienda (+14% dei ricavi), non sono mancate le critiche dallo Stato francese e dai dipendenti che hanno scioperato più volte per questo motivo. Tavares prende infatti più del doppio di Herbert Diess, capo del Gruppo Volkswagen (8 milioni di euro), e più del triplo di Oliver Zipse di BMW (5,3 milioni) e di Ola Källenius di Mercedes-Benz (5,9 milioni).

C’è poi la realtà dei dirigenti intermedi: in questi casi il divario si assottiglia e assume contorni più accettabili. Lo stipendio di un manager di questo livello corrispondeva a 8,3 stipendi di un operaio nel 2008, mentre nel 2020 il rapporto è passato a 10. Altri numeri, rispetto ai top manager sopra citati.

Infine, per inquadrare meglio il fenomeno del pay gap, bisogna anche considerare altri due trend paralleli che hanno caratterizzato il panorama europeo negli ultimi quattordici anni: la riduzione del 4% dello stipendio medio di un operaio e l’aumento dell’inflazione, arrivata a quota 8% a luglio 2022.

Qual è la situazione negli USA

Negli Stati Uniti, rendicontare il pay gap è obbligatorio per tutte le aziende quotate dal 2018. Questa scelta promuove la stabilità finanziaria – migliorando la trasparenza del sistema – ma non incide sulla disparità salariale. Secondo uno studio dell’Institute for Policy Studies, oggi un Ceo guadagna circa 10,6 milioni di dollari, ossia 670 volte in più di un suo dipendente medio che si ferma a 23.968 dollari, un dato in aumento rispetto al rapporto pari a 640 del 2020 (e vicino al dato europeo di 649).

Anche qui, ci sono esempi che si allontanano dal valore sopra riportato. Kevin Clark, Ceo di Aptiv PLC, ha guadagnato 5.294 volte uno stipendio medio con i suoi 31,2 milioni di dollari. David Goeckeler (Western Digital Corporation) con 35,7 milioni di dollari supera di 4.934 volte la remunerazione di un operaio. Infine Sonia Syngal (The Gap) con 21,9 milioni di dollari segna un divario di 3.113. Ed Elon Musk? Il suo stipendio annuo ufficiale è di soli 23.760 dollari, addirittura più basso dello stipendio medio del suo gruppo. Eppure il Ceo di Tesla e SpaceX ha chiuso il 2021 diventando l’uomo più ricco del pianeta, con una fortuna stimata di oltre 270 miliardi di dollari, 117 in più rispetto al 2020…

Possibili soluzioni

Questi dati inflazionati dovrebbero far riflettere sull’insostenibilità di questi squilibri, soprattutto in un periodo così incerto tra pandemia e tensioni geopolitiche. Secondo l’Economic Policy Institute, l’economia non subirebbe nessun danno se i Ceo fossero meno pagati. Per questo motivo, il prestigioso istituto suggerisce quattro possibili soluzioni d’interesse globale per risolvere – o almeno ridimensionare – il problema:

  • adottare politiche per limitare gli stipendi e gli incentivi degli amministratori delegati;
  • introdurre imposte più elevate sui redditi massimi;
  • fissare aliquote d’imposta più alte per le aziende con gap retributivi più elevati della media;
  • consentire agli azionisti di votare il compenso massimo dei dirigenti.

Che queste linee guida possano segnare una svolta, portando le grandi imprese a stabilire dei limiti massimi accettabili per le vette del management e allo stesso tempo limiti minimi decorosi per gli ultimi “anelli aziendali”? Nessuna impresa davvero prospera, dopotutto, resiste a lungo dove regnano il malcontento e lo squilibrio economico ingiustificato. E la sostenibilità è ben altra cosa.

Francesco Munari