Oggi, politici e giornalisti su entrambe le sponde dell’Atlantico cercano di prevedere il futuro.

Tutte le azioni e le parole del presidente Obama e del suo Governo, anche quelle apparentemente insignificanti, vengono scrutate e interpretate per cercare di capire i possibili risultati. E nonostante la natura effimera della politica costituisca un ostacolo a tali previsioni, la maggior parte delle voci sembra essere ottimista riguardo alla possibilità che i primi annunci in cui Obama dichiarava l’intenzione di riportare il cambiamento climatico in agenda diventeranno misure e azioni concrete da parte degli Usa per la protezione del clima.

Da una prospettiva europea, vedo la nomina di John Kerry a segretario di Stato come un segnale incoraggiante sulla posizione americana relativa all’ambiente e alla protezione del clima; tale nomina è resa ancora più importante dal fatto che gli Usa non hanno un Ministero per l’ambiente. Consiglierei a tutti, però, di riservare il proprio giudizio fino a quando non saranno stati assegnati gli altri posti vacanti, come ad esempio quelli degli advisor sull’energia o sulla politica climatica.

Rimangono aperte molte questioni e posizioni: il “quadro completo” non è ancora chiaro.

Quello che possiamo già dire è che Kerry, politico di grandissima esperienza – e non solo perché è stato un candidato democratico alle elezioni presidenziali – è da anni uno dei più attivi campaigner a favore del clima. Inoltre ha presentato una proposta di legge sul clima al Senato nel 2009, fermata dall’opposizione dei conservatori nel 2010. In poche parole, Kerry è sempre stato un sostenitore appassionato dell’ambiente e della protezione climatica, anche durante gli anni in cui un tale atteggiamento veniva considerato quasi ovunque come un ostacolo alla carriera. Sono molto felice che la sua fermezza nel promuovere le idee venga ora ricompensata.

Personalmente, sono convinto che Kerry abbia sia la passione sia la perseveranza per “far accadere le cose”. Ricordo molto bene il suo discorso alla Climate Change Conference di Copenhagen, quando tutte le speranze per un’azione Usa sul fronte del cambiamento climatica sembravano perse: Kerry diede invece nuovo vigore alle trattative. Oggi, con l’Accordo di Durban firmato ma molte questioni ancora da risolvere, questa passione è più che mai indispensabile.

La nuova prospettiva sul cambiamento climatico potrebbe poi creare nuovi stimoli: Kerry si trova oggi in una posizione tale da poter spingere la protezione del clima in qualità di politico attivo negli affari esteri. Questo è un elemento importante poiché, in ultima analisi, il cambiamento climatico è una questione di altruismo, di vantaggi competitivi e di interessi concreti in campo sicurezza. Applaudo la dichiarazione di Kerry secondo cui ‘la soluzione al cambiamento climatico è la politica energetica’ e sono felice che Kerry – come me – non veda una contraddizione tra una politica economica e energetica responsabile e la protezione del clima. Mi auguro che la sua controparte al Ministero dell’Energia condivida la sua stessa visione.

Non si deve mai “chiedere-troppo troppo-presto”, quindi diamo a Kerry un po’ di tempo per ambientarsi e per coordinare il suo staff. Intendo comunque prenderlo in parola, parole che ha espresso in modo così chiaro durante l’audizione al Senato.

Con il cambiamento climatico posto tra le sue “prime priorità”, tocca a John Kerry risuscitare la diplomazia sul clima e riportare gli Usa al tavolo delle trattative. La situazione nel Congresso rimane difficile, ma confido che Kerry saprà sfruttare la propria influenza e cercare nuovi alleati. Da giovane ha vissuto in Europa e in Germania, quindi conosce il nostro modo di fare. Sono convinto che sarà un ottimo partner.

Fonte: The Huffington Post