Global Risks Report 2025: disinformazione e clima dominano le preoccupazioni mondiali

Insieme ai conflitti armati, sono questi i rischi percepiti come maggiormente impattanti nel breve e medio-lungo periodo.
Il Global Risks Report 2025 del World Economic Forum (WEF) offre un quadro preoccupante ma necessario per comprendere le sfide che il mondo dovrà affrontare nei prossimi anni. Secondo il rapporto, i rischi percepiti a livello globale riflettono un crescente senso di vulnerabilità e frammentazione, con preoccupazioni che spaziano dalla disinformazione agli eventi climatici estremi, passando per le tensioni geopolitiche e sociali.
Global Risks Report: i principali rischi globali per il 2025 e oltre
Disinformazione e polarizzazione sociale
Il rischio più temuto a breve termine, ovvero entro i prossimi due anni, è rappresentato dalla disinformazione e manipolazione delle informazioni, che si conferma al primo posto per il secondo anno consecutivo. La diffusione di contenuti falsi o fuorvianti, amplificata dall’intelligenza artificiale, sta contribuendo a un clima di sfiducia diffusa e polarizzazione sociale, influenzando le decisioni politiche ed economiche a livello globale. Sebbene la disinformazione sia considerata la minaccia più concreta nel breve periodo, nel lungo termine (fino al 2035) viene superata dalla crisi climatica, pur mantenendo un ruolo critico nelle dinamiche sociali e politiche.
Eventi climatici estremi
Gli eventi climatici estremi, come ondate di calore, alluvioni e incendi boschivi, si collocano al secondo posto tra i rischi a due anni, con un incremento della percezione del pericolo. Nel lungo periodo, questi eventi diventano la principale minaccia globale, segnalando una crescente urgenza nell’adozione di politiche di mitigazione e adattamento. Il cambiamento climatico è ormai una realtà concreta e innegabile, con effetti visibili anche in Italia: la crisi idrica nel Sud Italia sta minacciando l’agricoltura e l’industria, nonché la quotidianità delle persone, mentre la quasi totale assenza di nevicate colpisce il settore turistico e riduce le riserve idriche per l’estate. Dall’altra parte dell’Oceano (entrambe le parti, negli Stati Uniti e in Australia) gli incendi imperversano fuori controllo. Sono solo tre tra i tanti esempi che si potrebbero fare in questo ambito, ma rendono bene l’idea.
Conflitti armati tra Stati
Al terzo posto troviamo la minaccia di conflitti armati tra Stati, che ha guadagnato posizioni rispetto agli anni precedenti, riflettendo l’aumento delle tensioni geopolitiche in aree come l’Ucraina, il Medio Oriente e il Sudan. La percezione di un mondo sempre più instabile porta a una crescente preoccupazione per il rischio di escalation, con governi che rafforzano le spese militari e riducono la fiducia nelle istituzioni multilaterali. Sebbene i conflitti siano considerati un rischio imminente nel breve periodo, nel lungo termine la loro posizione scende leggermente, pur restando un fattore di destabilizzazione costante.
Erosione dei diritti umani e sorveglianza di massa
Seguono, in ordine di gravità, i rischi legati alla polarizzazione sociale e all’erosione dei diritti umani, che si intrecciano profondamente con la disinformazione. Le società stanno diventando sempre più divise, con opinioni radicalizzate che ostacolano il dialogo e la costruzione di soluzioni condivise. L’aumento della sorveglianza di massa e della censura, alimentati dalla necessità di controllo governativo in risposta a crisi globali, minano ulteriormente le libertà civili, rappresentando una minaccia crescente nel lungo periodo.

Tabella Global Risk Report 2025
Contesto globale: passi indietro nelle politiche di sostenibilità
Sebbene i rischi – insieme alla loro percezione – siano chiaramente delineati, le risposte da parte di governi e imprese non sempre vanno in una direzione coerente. Negli Stati Uniti, per esempio, si assiste a una preoccupante inversione di tendenza su più fronti. Le grandi aziende tecnologiche come Meta, LinkedIn e Google hanno interrotto i loro programmi di fact-checking, aumentando la vulnerabilità del pubblico alla diffusione di informazioni fuorvianti. Parallelamente, aziende come Amazon, Harley Davidson e Jack Daniel’s hanno sospeso le iniziative di diversità e inclusione, segno di un cambiamento di priorità che potrebbe acuire le disuguaglianze sociali. A ciò si aggiunge un’inversione di tendenza sul fronte del benessere dei lavoratori, con un ritorno forzato al lavoro in presenza che potrebbe avere ripercussioni negative sulla produttività e sulla qualità della vita.
Anche sul fronte ambientale, le prospettive sono incerte. L’uscita degli USA dagli accordi internazionali sul clima, primo fra tutti l’Accordo di Parigi, unita al dietrofront di grandi fondi di investimento come JP Morgan e BlackRock dal gruppo anti-CO2, solleva dubbi sugli impegni per la riduzione delle emissioni.
La transizione ecologica tra sfide e opportunità
La transizione ecologica è minacciata da una crescente frammentazione globale, con tensioni geopolitiche e protezionismo economico che ostacolano il coordinamento degli sforzi per affrontare il cambiamento climatico. Tra i fattori di rischio emergenti, il Global Risks Report evidenzia inquinanti come il carbonio nero e il metano, che richiedono interventi immediati per evitare ulteriori danni ambientali. Inoltre, la diffusione dei PFAS, i cosiddetti “forever chemicals”, rappresenta una minaccia crescente per la salute e gli ecosistemi.
D’altro canto, si osservano segnali positivi nella transizione ecologica. L’Europa, con normative come la CSRD e la CS3D, sta tracciando una strada chiara per un futuro più sostenibile. Le imprese stanno allineando le proprie strategie agli standard ESG, mentre gli investimenti in energie rinnovabili, come l’idrogeno verde e lo stoccaggio energetico avanzato, stanno crescendo rapidamente. L’intelligenza artificiale e i big data vengono sempre più utilizzati per migliorare l’efficienza delle risorse e ridurre gli sprechi.
Infine, la consapevolezza pubblica sta aumentando, con una domanda crescente di trasparenza e responsabilità da parte di istituzioni e aziende, che va di pari passo con le richieste del legislatore (vedi la Direttiva Green Claims). I consumatori, sempre più informati, premiano le imprese che adottano pratiche sostenibili, e i movimenti sociali stanno spingendo per politiche più incisive.
La transizione è irreversibile?
Nonostante le battute d’arresto in alcune aree del mondo e un clima politico spesso contrario, la transizione ecologica e sociale sembra ormai un percorso inevitabile. Gli effetti tangibili della crisi climatica e le politiche stringenti adottate a livello europeo indicano chiaramente la strada per il futuro. Tuttavia, è cruciale che governi, aziende e cittadini agiscano con responsabilità e in modo coordinato per affrontare i rischi globali con soluzioni sostenibili e inclusive. Sul fronte istituzionale e politica, questa armonia sembra ancora al di là da venire.
Il 2025 si prospetta quindi come un banco di prova cruciale: le scelte dei prossimi mesi determineranno la capacità del mondo di rispondere alle sfide globali in modo resiliente e sostenibile.