di Sergio Vazzoler

Alluvione e comunicazione: è già stato tutto detto? Non penso proprio…

Sono passate due settimane dai fatti che hanno affondato Genova e tanti altri territori. Due (lunghissime) settimane in cui c’è stato un ulteriore diluvio di analisi e commenti.

Lasciando perdere qui le valutazioni tecniche e concentrandosi, invece, sulle modalità di comunicazione pre, durante e post evento, segnalo innanzitutto alcuni interessanti contributi circa l’utilizzo dei Social Media e degli Open Data.

Ne hanno parlato Paolo Colli Franzone su “Agenda Digitale” (che mette in luce l’assurdità di sistemi di allerta basati su dati ufficiali e statici), Gianluca Comin nella sua rubrica “Spin Doctor” su Lettera43 (che compie un viaggio impietoso sulle modalità 1.0 della Protezione Civile) e Nicola Pasquale su “weLand” (ponendo al centro di un’analisi più generale l’utilizzo degli open data e il coinvolgimento dei cittadini tra i rimedi essenziali).

Allargando il campo di analisi, penso occorra anche riflettere sui comportamenti comunicativi di chi ha onere e onore di guidare le nostre città. Già nelle prime ore dell’emergenza pensavo e ripensavo a questo aspetto ma quando i fatti sono ancora in corso è buona cosa rispettare chi si trova in prima linea e le polemiche verso questo o quello sono dannose oltre che inutili. Ma adesso, a emergenza passata, si può dire che di frasi del tipo “nessuno si poteva aspettare una tale concentrazione di precipitazioni in così poche orenon se può davvero più. Chiamatelo “climate change” o se siete scettici di natura chiamatelo “pippo” ma, insomma, la storia degli ultimi anni ci dice che ormai le “bombe d’acqua” sono la regola e non più l’eccezione: è stato così a Messina, alle Cinque Terre, a Genova, nelle Marche, a Olbia e in  tutte le altre aree colpite negli ultimi 10 anni e che hanno causato 79 vittime. E, quindi, per tornare alla comunicazione pubblica, ci dovremmo attendere amministratori più consapevoli del tema ambientale e che facciano pulizia di frasi fatte e immediati autogol utili solo a gettare benzina sul fuoco della rabbia e delle polemiche, per concentrarsi, al contrario, sulla comunicazione di crisi e governare l’emergenza (nelle war room, oggetto sconosciuto in Italia, dovrebbe sempre esserci chi si occupa di comunicazione…).

Ma non è finita qui. Appare ancora più sconcertante la sottovalutazione del “tono” comunicativo dei temi prioritari nel corso della quotidianità amministrativa. E qui oggi è impossibile non far riferimento al Sindaco di Genova, Marco Doria, anche se il discorso è facilmente estendibile a tanti suoi colleghi. Doria è stato eletto a causa di un’alluvione: non sono solo i genovesi a ricordarsi il terremoto politico post-alluvionale che portò alla brusca uscita di scena di Marta Vincenzi e alle successive elezioni vinte meritatamente da Doria. Ma da allora al 9 ottobre 2014 l’attuale primo cittadino genovese come ha affrontato e comunicato la priorità di “messa in sicurezza” del capoluogo ligure? C’erano ricorsi, ritardi e “bastoni” burocratici che bloccavano l’avvio dei cantieri delle opere fondamentali? Ok, che le norme (seppure irritanti) vadano rispettate non c’è alcun dubbio ma la “voce” del primo cittadino non si è di certo levata forte e chiara contro questi blocchi. Le cronache e gli archivi sembrano recuperare solo un paio dichiarazioni nel corso di qualche convegno…Beh, è davvero siderale la distanza da ciò che occorreva fare da parte del primo cittadino: oggi modalità e strumenti di comunicazione diretta certo non mancano per rivolgersi alla propria comunità, per “metterci la faccia” e per cercare forme di alleanza e pressione contro chi si oppone al cambiamento. E, non ultimo, per chiedere una mano ai cittadini e responsabilizzarli nella causa comune.

Alla fine, però, il problema rimane sempre lo stesso: qualcuno continua a scambiare la cassetta degli attrezzi della comunicazione diretta con il populismo. E, di conseguenza, preferisce ancora affidarsi a comunicati stampa e lanciare messaggi dai convegni agli addetti ai lavori, anziché aprire quella cassetta e affrontarne rischi e opportunità. Eppure abbiamo visto anche in questa occasione come il populismo, quello vero, quello del “Grillo del giorno dopo”, sia stato accolto dal popolo genovese e quanto sia diverso dal “governare” al passo coi nostri tempi la dimensione comunicativa!