Transizione ecologica e digitale: 2 Pmi manifatturiere su 3 devono ancora partire
Secondo un’indagine di Unioncamere e del Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne solo il 6% ha già investito in questi settori. In forte ritardo gli imprenditori under 35
Il verde e il blu, la transizione ecologica e digitale: a che punto sono le Pmi del manifatturiero? Molto indietro. Secondo un recente studio di Unioncamere e del Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne su un campione di 3.000 imprese manifatturiere, la strada è ancora lunga: solo il 6% delle Pmi ha già investito in entrambi i settori. E tutte le altre?
Più del 60% delle Pmi non ha investito in green o digitale, né progetta di farlo in futuro
A parte le pochissime aziende che si sono già avviate sulla strada della transizione ecologica e digitale, il 26% delle imprese si trova a metà del percorso e ha investito o in sostenibilità ambientale o in digitalizzazione. Il dato preoccupante, però, è rappresentato da quella parte dell’imprenditoria manifatturiera che non ha ancora dato avvio alla svolta green o digitale e che non ha alcuna intenzione di farlo: si tratta del 62% delle imprese. Molto bassa (6%) la percentuale delle Pmi che, pur non avendo ancora investito, ha programmato una trasformazione in senso ecologico e/o digitale.
Ritardo nel Mezzogiorno e giovani imprenditori meno all’avanguardia
A livello geografico, un ritardo maggiore si riscontra nel Sud Italia. Il 66% delle Pmi del Mezzogiorno non ha investito e nemmeno ha in programma di investire nella transizione verde e digitale rispetto al 61% del Centro-Nord. Più bassa anche la percentuale delle imprese che hanno già investito nella transizione ecologica e digitale (4% contro il 7% del Centro-Nord) e quella delle realtà imprenditoriali che hanno fatto un investimento in uno dei due settori della duplice trasformazione (22% vs 27%). Nel Mezzogiorno sono di più, però, le Pmi che prevedono nei prossimi anni di investire nel green o nel digitale (8% rispetto al 5%).
A smentire la retorica che dipinge i giovani come portatori di innovazione, solo il 3% degli imprenditori under 35 ha fatto il salto verso la duplice transizione. Rimane il fatto, però, che più imprese giovanili, rispetto a quelle non giovanili, hanno fatto investimenti in uno dei due settori della transizione ecologica e digitale. Soprattutto, molte prevedono di farli nei prossimi anni (il 9% rispetto al 5%).
Transizione ecologica e digitale: cosa si rischia rimanendo indietro?
I rischi principali sono due. Da una parte, come prontamente segnalato da Unioncamere, c’è la possibilità che il sistema imprenditoriale ed economico del Paese si spacchi in due, fra chi è all’avanguardia, innova, è competitivo e chi invece rimane indietro. Le grandi imprese hanno imboccato la strada della transizione ecologica e digitale da tempo ma il tessuto produttivo dell’Italia è composto soprattutto da piccole e media imprese. E molte di queste, come dimostrano i dati della ricerca Unioncamere, sono ancora indietro, per i più svariati motivi: mentalità aziendale, difficoltà economiche, poca consapevolezza in termini di sostenibilità e digitalizzazione. Proprio qui, su questo ultimo punto, entrano in gioco i consulenti e i comunicatori specializzati, che con la loro expertise indirizzano e accompagnano le imprese nella duplice transizione, considerando le specifiche e uniche esigenze di ogni realtà (ne parla qui Sergio Vazzoler, partner Amapola).
Dall’altra parte, c’è un aspetto da considerare. La ripresa economica passa dalla svolta green e digitale. Sempre secondo la ricerca sulle Pmi del manifatturiero, un ritorno ai livelli produttivi pre-Covid entro il 2022 è previsto dal 61% delle imprese che hanno investito sia in eco-innovazione sia in digitalizzazione contro il più contenuto 55% del resto delle altre imprese. Inoltre, non si è mai ridotta l’attività produttiva a causa del Covid per il 13% delle imprese che hanno investito sia in eco-innovazione sia in digitalizzazione contro il 9% delle altre. Dati che lasciano una certezza: il verde e il blu, il digitale e la sostenibilità ambientale, in futuro saranno sempre più intrecciati. È – anche – una questione di sopravvivenza.
Micol Burighel