SA8000, che proprio nel 2014 è stata oggetto della quarta revisione. Le novità introdotte si concentrano prevalentemente sul risk management e sulla necessità di trovare soluzioni sostenibili, integrate e su misura per l’azienda. Ce ne parla Sara Brandimarti, CSR Product Manager di TÜV Italia. Cos’è e a cosa serve la certificazione SA8000? La certificazione SA8000 (Social Accountability) è uno standard elaborato per la prima volta dall’ente americano SAI nel 1997. E’ un sistema di gestione per la protezione del lavoro e dei lavoratori e contiene i requisiti che permettono di valutare, dal punto di vista etico e sociale, le aziende ed i loro processi produttivi. La certificazione è stata soggetta a quattro revisioni: la più recente è del 2014. La SA8000 è una certificazione che non riguarda un prodotto, ma l’azienda e l’impatto sociale nell’intera filiera produttiva, poiché questa certificazione prende in considerazione esclusivamente questo aspetto . Per questa ragione la certificazione non viene rilasciata a un prodotto o ad un singolo stabilimento, bensì all’organizzazione, all’azienda nel suo insieme. La SA8000 si pone quindi a tutela delle persone che lavorano nell’azienda, con requisiti che riguardano la salute e la sicurezza, l’orario di lavoro, la remunerazione, l’assenza di sfruttamento minorile e di discriminazioni. L’azienda che vuole intraprendere un percorso di certificazione SA8000 deve rispondere anche dell’intera catena di fornitura, che dovrà risultare in linea con gli standard fissati. Tra le principali novità introdotte con la revisione del 2014 [1] c’è la richiesta di costituzione di un team di risorse all’interno dell’azienda, che tenga conto dei requisiti e degli obiettivi fissati dalla SA8000, mentre in precedenza questo compito era affidato ad un solo rappresentante. In questo modo s’intende incentivare l’analisi delle singole situazioni aziendali e la proposta di soluzioni organiche, attraverso l’integrazione di decisioni condivise e non calate dall’alto. Quali sono le opportunità per le aziende che scelgono di ricorrere a questa certificazione? In Italia è stato fatto molto per incentivare questo tipo di certificazione: per le aziende che ottengono la certificazione SA8000, tra l’altro, sono previsti sconti Inail e Irpef. La certificazione è inoltre riconosciuta in molti bandi di gara. Non trascurabili sono anche quelle opportunità, che possiamo definire indirette, che riguardano la conoscenza della propria filiera produttiva, di eventuali situazioni “delicate” in termini di risk management e magari a rischio di sanzioni. Questo è un tema che viene affrontato in modo diretto con l’ultima revisione dello standard, che spinge alla ricerca di soluzioni studiate su misura: l’azienda, una volta venuta a conoscenza dei propri rischi, deve creare sistemi efficaci per tenerli sotto controllo. Un approccio attento alla CSR, che tipo di impatto ha sulla produttività? Un approccio di questo tipo non può che portare valore aggiunto all’azienda, come la messa in atto di pratiche di prevenzione, di risk management e di divulgazione delle proprie buone pratiche. Il lavoratore, vedendo tutelati i propri diritti e rispettate le proprie esigenze, è più motivato e sviluppa un maggiore legame e fidelizzazione verso l’azienda. Si tratta del modo migliore per valorizzare e motivare le risorse. A volte sono sufficienti interventi di modesta entità e impatto economico, ad esempio rendendo possibili orari di lavoro flessibili. Occorre comprendere le strategie più adatte per ogni singolo caso e mettere in atto soluzioni su misura. Questo tipo di certificazione sta prendendo piede in Italia? E nel resto d’Europa? Negli ultimi anni, in Italia è cresciuta la sensibilità rispetto ai temi della CSR, anche se con numeri più contenuti rispetto al resto d’Europa. Spesso i motivi di questo divario sono dovuti a fattori culturali: in Italia si è più abituati a gestire gli scandali, mentre altrove vi sono reazioni più forti, ed è consuetudine più diffusa boicottare i prodotti delle aziende in essi coinvolte. Penso soprattutto ai paesi anglosassoni. E’ importante però fare una distinzione tra settori: l’attenzione alla CSR è più diffusa nella grande distribuzione, nel settore tessile, mentre altri ambiti sono meno sensibili a queste tematiche. Ad esempio, il lusso punta maggiormente su una comunicazione legata al valore aggiunto e, magari, al fattore “Made In Italy“. La diversa diffusione dipende, quindi, anche dal target. Quali sono, invece, i freni alla diffusione della SA8000? La SA800 è una certificazione ancora di nicchia, perché prevede l’analisi di un sistema complesso e la necessità di soluzioni integrate. Le aziende devono avere l’obiettivo di far emergere le proprie criticità, anche dal punto di vista legale. Va poi considerato che questo tipo di certificazione non si lega a un prodotto e non attesta l’attenzione ambientale, tema al quale i consumatori sono già abituati e sensibilizzati. Dal vostro punto di vista come è cambiato, in questi ultimi anni, l’approccio alla CSR in Italia? Il nostro Paese è in linea con il resto d’Europa? Ci sono differenze e peculiarità, in tal senso, da tenere in considerazione? L’impatto di una certificazione come la SA8000 sul consumatore finale è ancora marginale, ed anche la comunicazione di tutti i monitoraggi ai fornitori, per la verifica dell’intera catena, può risultare difficoltoso. Per queste ragioni sono più diffusi i bilanci sociali e ambientali, che però vengono redatti dalle aziende, senza il controllo da parte di enti terzi. Il rischio è quello di evidenziare i dati virtuosi, mettendo in secondo piano le criticità. Perché ciò non avvenga, sarebbero necessari più controlli, con apposite verifiche da parte di realtà esterne all’azienda. Tuttavia, l’Italia è tra i Paesi con il maggior numero di certificazioni SA8000, anche perché si è investito molto sulla sua promozione, e l’attenzione nei confronti della sostenibilità ambientale e sociale è alta. Note [1] Il principale cambiamento di questa versione rispetto alla precedente riguarda l’approccio, nella nuova basato sulla valutazione dei rischi aziendali in materia sociale e quindi la necessità da parte delle aziende di mettere in atto un piano di azioni coerenti con la propria sfera di influenza e il contesto di riferimento. Un’altra novità rispetto alla versione precedente è la costituzione di un gruppo interno all’azienda di coordinamento, monitoraggio e stimolo verso la conformità ai requisiti della norma, facendo in modo che il processo di analisi della cause e delle azioni da intraprendere per eliminarne la ripetizione nel tempo sia condiviso. Attualmente gli standard relativi ai Sistemi di Gestione sono per la maggior parte in fase di revisione, dalla ISO 9001, che verrà emessa nel 2015, alla norma sulla salute e sicurezza dei lavoratori ISO 45001 (ex OHSAS), e queste revisioni riguardano in particolare l’analisi dei rischi. Cerchiamo di comprendere da dove ha origine questa tendenza. L’ISO (International Standard Organization), fin dal 2010, ha sperimentato nuovi metodi nello sviluppo delle norme, che ha visto l’inserimento di gruppi di parti interessate provenienti da diversi paesi e settori. La prima di questa sperimentazione si è avuta con la Linea Guida ISO 26000 sulla Responsabilità Sociale. Questa norma ha stimolato la riflessione sulla necessità di tener conto del contesto, del potere di influenza, delle reali opportunità di azione dell’organizzazione per arrivare alla fattiva realizzazione del miglioramento continuo. Dalla metodologia sperimentata nella ISO 26000 è partita la revisione delle altre norme, con l’inserimento della valutazione del contesto e del rischio all’interno delle nuove norme e a questo approccio si è allineato anche il SAI proprietario della SA8000®. Nella nuova versione della SA8000® la valutazione dei rischi vede la sua concreta realizzazione nel sistema di monitoraggio dei fornitori, che stimola l’organizzazione a individuare i fornitori più critici, investendoci adeguato tempo e risorse. Questo nuovo approccio stimola l’organizzazione ad analizzare i rischi sulla salute e la sicurezza e ad implementare un adeguato sistema di controllo e di prevenzione rispetto ai propri processi produttivi. Non si prevede, come nella precedente release, l’obbligo di un minimo di procedure scritte, ma la capacità dell’organizzazione di formalizzare tutti gli elementi definiti come critici, e che quindi devono seguire delle procedure formalizzate. Nella pratica, probabilmente i processi non subiranno importanti cambiamenti, mentre sarà possibile integrarli del tutto con i sistemi informatici e di gestione aziendale, senza la necessità di creare un sistema eccessivamente formale. In generale possiamo affermare che la nuova versione dell’SA8000® permette alle organizzazioni con sede in Italia di analizzare al meglio il proprio contesto, di creare un sistema di procedure su misura rispetto alla propria complessità e di integrare il sistema di gestione ad altri sistemi presenti in azienda.]]>