Una recente ricerca conferma i problemi nella relazione tra reporting, comunicazione e fiducia verso le imprese.

I bilanci di sostenibilità? Ai consumatori non appaiono “sostenibili”. È quanto emerge da una rilevazione condotta dal Centro studi Codacons-Comitas che mette in evidenza la sostanziale indifferenza dei consumatori italiani riguardo ai bilanci di sostenibilità perché, “così come sono fatti, non sono abbastanza trasparenti, sono poco confrontabili e purtroppo non servono poi molto alla diffusione della cultura della sostenibilità”. (Fonte: IMPACT). Secondo la ricerca i bilanci così impostati non sono un mezzo efficace nel raccontare quegli aspetti della vita aziendale che la rendicontazione finanziaria non copre. E non lo sono nemmeno nel creare un rapporto fiduciario fra consumatori e imprese, che è requisito imprescindibile al formarsi di scelte d’acquisto consapevoli e coerenti. Uno degli scopi principali, e forse anche il più nobile, dei bilanci di sostenibilità è sensibilizzare i consumatori a preferire imprese che creano valori condivisi, quindi rivolti non solo a vantaggi economico-finanziari, ma anche al territorio e alla società. Fra i difetti riscontrati, ed evidenziati dalla ricerca, vi è la scarsa intelligibilità di alcune delle metriche adottate nella rendicontazione non finanziaria, tra cui i famosi GRI, indicatori sviluppati dal Global Report Initiative per misurare le performance di sostenibilità di enti e aziende. Certo si tratta di indicatori non sempre facilmente comprensibili, ma la loro diffusione, standardizzazione e sostanziale condivisione da parte della stragrande maggioranza delle imprese, li rende l’unico denominatore comune su cui costruire narrazioni realmente confrontabili e stabilire un bechmark di sostenibilità. Poiché solo misurando gli stessi elementi, con gli stessi metri, è possibile ottenere risultati omogenei e quindi operare scelte di acquisto consapevoli. Come migliorare i rapporti di sostenibilità? I segnali evidenziati dalla ricerca confermano quanto la rendicontazione di sostenibilità, e pure tutta la comunicazione che vi ruota intorno, scontano da sempre alcuni difetti. Per un verso, si tratta di tematiche molto specialistiche, caratterizzate da un lessico spesso ostico per la maggior parte dei cittadini, con scarsa capacità di penetrazione. Per il verso opposto si corre il rischio di arrivare a semplificazioni rischiose o, peggio, ad una semplice “pennellata di verde” (il cosiddetto greenwashing) legato strettamente all’immagine e ben poco alla sostanza dei fatti.
Occorre dunque tradurre questi bilanci e renderli più chiari e comprensibili, accompagnare alle metriche condivise (e riconosciute) note di interpretazione, esempi, motivazioni.
Quello che segue è un breve – e non certo esaustivo – decalogo di punti chiave su cui si dovrebbe costruire un bilancio di sostenibilità e la sua valorizzazione.
  1. Scegliere con attenzione i temi condivisi su cui rendicontare. Un’analisi di materialità va condotta fra tutti gli stakeholder (interni ed esterni dell’azienda): solo cosi la cultura della sostenibilità sarà un substrato condiviso a tutti i livelli e integrata in ogni settore.
  2. Considerare la sostenibilità sotto ogni aspetto: economico, ambientale e sociale.
  3. Essere trasparenti e fornire i dati relativi ai temi di cui si parla. E renderli interpretabili!
  4. Non tacere le criticità, ma evidenziarle come obiettivi di miglioramento.
  5. Essere aperti e mettersi in ascolto: molte aziende comunicano, spesso attraverso i social, le proprie politiche di sostenibilità, ma non sono poi in grado – sugli stessi canali – di rispondere alle richieste di chiarimento dei cittadini.
  6. Seguire linee guida e adottare metriche riconosciute e condivise e spiegarne con cura l’ambito e l’impatto.
  7. Usare un linguaggio semplice, comprensibile anche per un pubblico non specializzato (non dimenticando che lo scopo di un bilancio di sostenibilità è parlare alle persone, non solo agli istituti di credito!).
  8. Curare tanto la parte di redazione quanto quella di diffusione di un bilancio, approntando materiali di comunicazione agili, multiformato e adatti a contesti e pubblici diversi per comunicare al meglio il contenuto del documento integrale.
  9. Essere coerenti con quanto si comunica nel bilancio, limitando – ad esempio – l’uso della carta a favore di supporti più sostenibili nella sua realizzazione e diffusione.
  10. Last but not least: evitare tanto le scorciatoie di pura immagine quanto gli approcci dogmatici sulla supremazia dei fatti. Se è vero che la sostenibilità prima si fa e poi si comunica è altrettanto vero che senza un racconto autentico e comprensibile non si riuscirà a far vivere la sostenibilità e a incidere su comportamenti più responsabili.
Nel breve video, in cima alla pagina, facciamo il punto sull’utilità connessa alla redazione di un bilancio di sostenibilità e sull’importanza del mettersi in ascolto (il punto 1 del nostro decalogo, la scelta condivisa di temi). Qui, invece, un’analisi specifica su rischi e opportunità nell’uso dei social media per comunicare la sostenibilità ambientale.  ]]>