Alcuni credono che la sostenibilità sia un insieme di temi ambientali. Altri la considerano in termini di utile netto. E poi ci sono quelli che la intendono come sinonimo della responsabilità sociale d’impresa (CSR) e del valore condiviso. Nel business, la sostenibilità non è niente di tutto ciò. E’ un tema legato piuttosto al tempo.

Nel 1987, la World Commission on Environment and Development (WCED) pubblicò il documento Our Common Future, in cui lo sviluppo sostenibile viene definito come lo sviluppo che “soddisfa le esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie esigenze”. Un’etica quasi incontrovertibile. In fondo, la maggior parte delle persone si aspetta di vivere tanto bene quanto i propri genitori e che i propri figli possano godere delle stesse opportunità.

In questo senso, la sostenibilità significa stabilire un equilibrio tra l’utilizzo e la disponibilità delle risorse nel tempo. In altre parole, la sostenibilità garantisce l’equità intergenerazionale. Quando le risorse che consumiamo sono proporzionale alla capacità della Terra di rigenerare adeguate risorse future, i nostri sistemi rimangono in equilibrio a tempo indeterminato. Se invece il consumo supera la capacità rigenerativa, la domanda attuale viene soddisfatta prendendo in prestito dal futuro, il che porterà prima o poi a un’incapacità di soddisfare le esigenze della società.

Un buon esempio di sostenibilità è l’approccio all’investimento dei fondi sovrani norvegesi, i quali mettono da parte a favore delle generazioni future le royalty derivanti dalle risorse naturali, e utilizzano gli interessi per far fronte alle esigenze attuali. Purtroppo, la maggior parte dei Paesi, tra cui il Canada, spendono le royalty man mano che si accumulano, sfruttando la ricchezza del suolo e lasciando poco a disposizione delle generazioni del futuro.

L’obiettivo dei fautori della CSR è quello di raggiungere un equilibrio tra gli attuali interessi degli stakeholder. Una compagnia petrolifera socialmente responsabile costruirebbe scuole e ospedali locali per compensare le comunità dell’estrazione delle risorse. Ma tali azioni non sempre riconoscono l’impatto di lungo termine per il territorio. Le scuole e gli ospedali necessitano di personale e di periodica manutenzione. Il fatto è che a volte le azioni di CSR impongono vincoli di lungo termine sulle comunità, rendendo insostenibili iniziative promosse a fin di bene.

Magna International, il colosso globale di ricambi d’auto fondato dal miliardario canadese Frank Stronach, si è trovato nei guai per una questione del genere dopo aver costruito da zero una nuova cittadina in un campo di canna di zucchero vicino a Simmesport nel Louisiana centrale, per le vittime degli uragani Katrina e Rita. Battezzata Magnaville, la cittadina doveva diventare una comunità di agricoltura biologica auto sufficiente, ma il progetto richiese il sostegno dei territori vicini. A questo scopo, Magna offrì incentivi finanziari e costruì moderni centri di sport per la comunità locale. Ma, come racconta Canadian Business magazine, l’idea di Stronach fu dirottata da un conflitto su una questione di sostenibilità. Il comune di Simmesport si oppose alle somme che avrebbe dovuto tirare fuori per mantenere un grande centro per la comunità che doveva funzionare anche come avanzato centro di evacuazione di emergenza.

L’approccio comune alla CSR ha le sue basi nell’etica, nella moralità e nelle norme. Ed è indubbio che molte iniziative CSR hanno successo nel trovare un equilibrio tra le pretese contrastanti degli azionisti e degli altri stakeholder. Per farlo però, molte sedicenti imprese responsabili, fanno uso di risorse e capitali del futuro, il che ingrandisce lo squilibrio tra breve e lungo termine nella distribuzione delle risorse.

E’ ora che i business leader la smettano di confondere la responsabilità con la sostenibilità, il che impedisce alle imprese di riflettere sufficientemente a fondo sulle ineguaglianze generate nel tempo dalle loro azioni. In poche parole, alcune attività sono o responsabili o sostenibili, ma non sono tutte e due le cose.

Le donazioni di beneficienza che mirano a venire incontro a problemi sociali sono responsabili, ma non sono sostenibili se non risolvono le cause di fondo. Dall’altra parte, la stampa tridimensionale non è un tema frequente nei rapporti CSR. Eppure, è sostenibile ed anche responsabile. Rispetto alla produzione industriale di massa, la stampa 3D impiega quantità minori di materiali, genera meno rifiuti, si adatta rapidamente ai nuovi progetti e fa fronte alle esigenze locali. Essenzialmente, è una tecnologia sostenuta da una positiva posizione morale che non va a pesare sulle risorse del futuro.

L’unico imperativo morale della sostenibilità è la necessità di stabilire un equilibrio tra l’offerta e la domanda delle risorse nel breve e nel lungo termine. Il successo nel breve termine non va mai ottenuto a scapito della sopravvivenza nel lungo termine. Nel business, la sostenibilità è la capacità delle imprese di far fronte alle proprie esigenze di breve termine senza compromettere la possibilità di rispondere alle esigenze del futuro. Le imprese che danno priorità alla voce “sostenere” della sostenibilità saranno in grado di costruire rapporti di lungo termine, di creare progetti innovativi duraturi e di investire in infrastrutture che durano a lungo. In questo modo, le imprese potranno non solo sopravvivere, ma anche crescere nel lungo termine.

 

Fonte: http://www.huffingtonpost.ca/ivey-business-school/sustainable-business_b_5678831.html?utm_source=Newsletter+140818&utm_campaign=Newsletter+140819&utm_medium=email