quello dello spreco alimentare – che impone una riflessione (ed una risposta) accurata da parte di tutti gli attori coinvolti nella filiera alimentare: produttori/contadini/allevatori, trasformatori, distributori ed utenti finali. Secondo la Fao, più di un miliardo di tonnellate di cibo sono sprecate ogni anno, per cause diverse, nei Paesi sviluppati (cattive abitudini dei consumatori unite all’assenza di coordinamento tra i vari attori della filiera alimentare) e in quelli in via di sviluppo (infrastrutture carenti e altre debolezze strutturali di tipo finanziario e manageriale). E sempre la Fao afferma che i costi globali di sprechi e perdite alimentari ammonterebbero a circa 2,6 mila miliardi di euro. Oltre alle perdite economiche, ci sono enormi costi ambientali e sociali tra cui le emissioni di CO2 nell’atmosfera, lo sfruttamento delle risorse idriche e agricole, oltre che una seria minaccia per la biodiversità. Nei paesi membri dell’UE si producono ogni anno circa 173 kg pro capite di sprechi e perdite alimentari per un valore che supera i 140 milioni di euro annui, pari all’intero bilancio dell’Unione. In risposta a questa urgenza, il pacchetto di proposte di legge sui rifiuti, che contiene anche la direttiva sull’economia circolare, avanza alcune concrete proposte tra cui la creazione di una metodologia comune entro il 2017 volta a misurare il fenomeno comparandolo negli stati membri; la definizione di una chiara gerarchia del consumo del cibo che metta al primo posto quello umano (rispetto alla sua conversione in mangime per animali o alla produzione di prodotti non edibili); la riduzione dello spreco nel settore primario, nella distribuzione, nella ristorazione e a livello domestico. Per facilitare il raggiungimento di tale obiettivo è stata costituita una piattaforma su molteplici settori per condividere buone pratiche, tra cui la ormai improcrastinabile definizione e legiferazione sulla donazione dei surplus di cibo a enti caritatevoli che in Italia, finalmente, vede l’introduzione di sgravi fiscali per quei distributori che donino il surplus invenduto. Banalmente la semplificazione delle diciture in etichetta, risolvendo ad esempio l’annosa querelle fra “il prodotto scade il” e “consumarsi preferibilmente entro il”, aiuterebbe ad affrontare il problema. E intanto a Bologna…. Sotto gli Asinelli è stato lanciato il secondo bando per il Bologna Award for International Sustainability and Food. Il premio punta a valorizzare le ricerche scientifiche e tecnologiche in ambito di sostenibilità alimentare. Mira a migliorare ed ottimizzare la distribuzione di cibo riducendo l’impatto ambientale e sociale dei processi produttivi e distributivi. Aspetto peculiare del premio è che i vincitori, sin dal momento dell’accettazione, si impegnano a donare il valore del premio (10mila €) in favore di progetti e iniziative di settore sostenibili, durevoli e/o solidali, affinché la ricerca possa ulteriormente progredire e moltiplicare circoli virtuosi nell’ambito agro-alimentare e agro-ambientale sul pianeta. Il premio, lanciato nel 2015 con EXPO da CAAB – Centro Agroalimentare di Bologna e Fondazione Fico – Fabbrica italiana contadina , ha premiato ex aequo nella scorsa edizione lo scienziato italiano Salvatore Ceccarelli, che ha prestato la sua opera e il suo ingegno in Paesi e aree arretrate e in guerra, come il Centro ICARDA di Aleppo – Siria oggi distrutto dall’ISIS; e l’organizzazione no profit Northwest Atlantic Marine Alliance, fondata da pescatori della costa Nord Est degli Stati Uniti per promuovere il patrimonio marino come bene comune del pianeta, applicando la ricerca scientifica alla piena sostenibilità delle pratiche di pesca. «Bologna sta investendo molto sul cibo – spiega Andrea Segrè, presidente del CAAB e Fondazione Fico – come tante altre città italiane. Abbiamo promosso il grande progetto ‘Fico’, la Fabbrica italiana contadina, un parco tematico dove vedremo le straordinarie bellezze delle filiere agroalimentari italiane: all’interno abbiamo costituito una fondazione per l’educazione alimentare e Bologna non solo ci ha accolti ma è la città del cibo e vuole essere un esempio insieme ai tanti altri ‘campanili’. Solo attraverso la moltiplicazione di queste buone pratiche- conclude Segrè- il nostro Paese, già ben posizionato dal punto di vista agroalimentare, può crescere ancora».]]>