Secondo un rapporto recentemente pubblicato dagli analisti britannici di Verdantix, la stragrande maggioranza delle imprese presentano budget insufficienti per la comunicazione della sostenibilità e, per questo, “vanno incontro a dei rischi perché non integrano i temi della sostenibilità con la propria brand identity”.

Il rapporto, “Rethinking Sustainability: Brand Risks and Opportunities,” identifica cinque archetipi nel campo della comunicazione della sostenibilità:

  1. Per i Puristi, come “Patagonia”, la sostenibilità è il brand.
  2. Gli Esploratori, come ad esempio IBM, GE e Marks & Spencer, integrano la sostenibilità nel brand e comunicano le relative iniziative a un grande pubblico.
  3. I Promotori indirizzano la comunicazione della sostenibilità limitatamente a due gruppi — i dipendenti e gli opinion leader nell’area sostenibilità — e la gestiscono in modo separato rispetto alle comunicazioni aziendali; tra gli esempi McDonalds, Samsung e Tesco.
  4. I Reazionisti sono imprese la cui comunicazione sulla sostenibilità consiste nel rispondere a eventuali crisi; l’esempio citato dal rapporto è Mattel, oggetto di una efficace e spiritosa campagna di protesta Greenpeace nel 2011.
  5. I Nullisti, come indica il nome poco elegante, non comunicano proprio nulla sulla sostenibilità. Verdantix dà come esempio Windstream, un provider statunitense di telecomunicazioni.

 

Da un’indagine tra 250 responsabili della sostenibilità, Verdantix conclude che generalmente le imprese non spendono abbastanza sulla comunicazione della sostenibilità e che tra un terzo e la metà di esse, a secondo della regione geografica di appartenenza, prevede di aumentare gli investimenti nella comunicazione della sostenibilità nei prossimi mesi. Ma le principali previsioni di spesa complessiva nella pubblicità e nello sponsorship indicano aumenti di una sola cifra per il 2013. E Verdantix considera negativa tale situazione, parlando di “budget per la sostenibilità stagnanti”.

Gli analisti raccomandano ai direttori commerciali di prendere il controllo della comunicazione della sostenibilità per creare “brand value” dalla sostenibilità. L’implicazione del rapporto è che tutte le imprese dovrebbero cercare di diventare “Puristi” o “Esploratori”, con la sostenibilità come parte integrante o persino elemento essenziale dei propri brand.

Considerando, però, che un obiettivo fondamentale della strategia di marketing è la differenziazione, la proposta che tutte le imprese integrino la sostenibilità nei propri brand non appare del tutto credibile.

Non risultano del tutto convincenti altre conclusioni del rapporto. Ad esempio, la critica a Windstream, un piccolo fornitore Usa di telecomunicazioni, è motivata con l’assenza di un riferimento alla sostenibilità sul proprio sito web. Il rapporto afferma che Windstream potrebbe vendere un volume maggiori di servizi di videoconferenza se promuovesse i benefici green del servizio. Ma questo lo fanno già i principali concorrenti di Windstream e, quindi, non è chiaro il vantaggio che ne trarrebbe Windstream. Sempre secondo il rapporto, le imprese dovrebbero comunicare la sostenibilità a un grande pubblico, poiché la comunicazione della sostenibilità è “relativamente costosa”, ma non riconosce che può essere più oneroso rivolgersi a un pubblico più grande rispetto a un pubblico più ristretto. Il produttore di giocattoli Mattel viene identificato come un “Reazionista” perché costretto a reagire in seguito alla campagna Greenpeace. Ma Mattel, appena indicato dal Corporate Responsibility Magazine come uno dei “best corporate citizen” negli Usa, è stato preso di mira non per il modo di comunicare, o per una mancanza di comunicazione, ma per le attività che stava svolgendo.

Indicazione Green Research: la strategia di comunicazione corporate deve sempre prendere le mosse dalla strategia di brand. Probabilmente esiste la possibilità, per una o due imprese in ciascun settore, di raggiungere un posizionamento differenziato in termini di sostenibilità, ma pare difficile che un approccio del genere possa funzionare per ogni impresa.

Una corretta valutazione dell’acqua

Nella maggior parte delle imprese dotate di programmi di sostenibilità, la priorità data alla conservazione dell’acqua è minore rispetto a quella attribuita alla riduzione dei gas serra. Questo è in parte dovuto alla percezione che il cambiamento climatico sia una minaccia più incombente che non la scarsità dell’acqua e, d’altra parte, perché è più difficile costruire un caso di business convincente sulla conservazione dell’acqua, dato il basso costo della risorsa idrica in molte regioni.

Secondo una recente analisi di McKinsey & Co., il valore economico dell’acqua per un’impresa è maggiore rispetto a quanto si paga per il consumo. I costi del trattamento e della gestione delle acque reflue possono essere maggiori rispetto al costo dell’acqua fresca. Anche l’energia utilizzata per pompare, scaldare, raffreddare e trattare l’acqua ha un costo. McKinsey nota che, nei processi industriali, l’acqua è un vettore, e che le acque reflue in uscita da uno stabilimento possono contenere sostanze chimiche e calore, ognuno con un proprio valore. L’analisi McKinsey porta l’esempio di una società attiva nel settore cartario che ha impiegato il concetto dell’acqua come vettore per giustificare miglioramenti di processo, generando un risparmio del 10 per cento dei costi misurati di “trasporto”, una riduzione del 2,5 per cento delle spese operative complessive e un risparmio di quasi il 50 per cento del consumo dell’acqua.

 

Indicazione Green Research: questo è un bell’esempio di una visione “laterale” di valore e di costo. I strateghi della sostenibilità dovrebbero promuovere un approccio sistemico, che può portare alla luce intuizioni come quelle indicate dall’analisi McKinsey.

 

Come impegnarsi nelle politiche ambientali

Secondo la Network for Business Sustainability (NBS), agenzia di ricerca canadese, un’ampia analisi della letteratura sulle politiche ambientali offre indicazioni importanti per il business. NBS osserva che l’impatto delle politiche pubbliche sulle attività e sulla redditività aziendali può essere rilevante; di conseguenza le imprese hanno un interesse vitale nella forma di tali politiche pubbliche. Dalla sua analisi della letteratura esistente, NBS offre le seguenti indicazioni alle imprese:

  • Impegnarsi sin dall’inizio consente di comprendere le possibili conseguenze per la propria attività e di indicare l’intenzione di trovare soluzioni.
  • Dichiarare il proprio punto di vista sulle politiche alternative. Le imprese possono esercitare una maggiore influenza nelle prime fasi di sviluppo delle politiche. Le decisioni che determinano chi paga per una politica e chi ne trae benefici generali normalmente si prendono nelle prime fasi.
  • Analizzare i temi con i diversi stakeholder. La comunicazione verso un ampio panorama di stakeholder aiuta a identificare i temi emergenti e a focalizzare la propria attenzione su quelli di maggior rilevanza per la propria azienda e il proprio mercato.
  • Sviluppare e comunicare una propria posizione. Le imprese che utilizzano la propria esperienza per produrre analisi significative e approfondite possono esercitare una grande influenza per tutto il ciclo della politica.
  • Fare da guida. Non tutte le imprese possono essere leader nel processo di formulazione delle politiche, ma quelle che ci riescono ne traggono evidenti vantaggi, come ad esempio più tempo utile alla pianificazione e alla scelta dell’approccio più efficace.
  • Assumere un impegno di lungo termine. I temi ambientali hanno rilevanza decennale, ma le condizioni cambiano ed è possibile che le politiche debbano evolversi. Un confronto costante nel tempo con il governo, con altre imprese e con gli stakeholder consente di far sì che le politiche rimangano adeguate agli obiettivi dell’impresa.

 

Indicazione Green Research: l’impegno nella formulazione della politica ambientale costituisce un elemento importante della comunicazione e della strategia della sostenibilità.

 

Fonte: Sustainablebrands.com