Luca Valpreda Clay Paky è leader mondiale nel settore dei sistemi di illuminazione scenografica professionale (professional show lighting), utilizzati per le più diverse applicazioni nel campo dello spettacolo. I suoi prodotti sono presenti nei tour dei più famosi artisti internazionali (da Madonna a Bruce Springsteen) e nelle occasioni di maggior richiamo internazionale (dalle Olimpiadi di Londra 2012 alle finale del SuperBowl). La sede della società è a Seriate, in provincia di Bergamo. L’azienda esporta il 95{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} della propria produzione grazie a una rete commerciale che copre 80 paesi di tutti i continenti. La ragione del successo di Clay Paky risiede nella incredibile capacità innovativa del suo reparto Ricerca e Sviluppo, in grado di sfornare a geto continuo prodotti rivoluzionari, di enorme successo. Ed enormemente esposti al fenomeno della contraffazione. Il fenomeno della pirateria industriale sta diventato rilevante anche nell’industria dello show-lighting? Il fenomeno della contraffazione è in ascesa esponenziale e non possiamo assolutamente permetterci di prenderlo alla leggera. Se finora abbiamo pensato che l’industria dello show-lighting fosse immune da questa piaga, abbiamo commesso un grave errore. I prodotti di punta di Clay Paky, la serie Alpha prima e lo Sharpy poi, sono stati protagonisti di uno straordinario successo internazionale ma sono stati copiati in maniera spudorata da molti produttori, soprattutto in Cina. Noi stiamo facendo tutto quanto è in nostro potere per tutelare la nostra azienda. Ma crediamo che questa non dovrebbe essere solamente una battaglia di Clay Paky: tutto il nostro settore, tutta la nostra filiera, dovrebbe reagire e combattere questa piaga in maniera compatta e fermissima. Avete già avviato delle cause? Certamente, non solo avviato, ma anche vinto. Solo in Cina, dove da anni investiamo importanti risorse per depositare i nostri brevetti, abbiamo già vinto sei cause e ne abbiamo intraprese altre dieci, tutt’ora in corso. I tribunali cinesi a oggi hanno già condannato sei aziende a cessare immediatamente produzione e vendita dei prodotti Clay Paky contraffatti. Anche in Cina si può combattere e vincere, e devo dire che la giustizia in quel Paese è più veloce di quanto immaginassimo. Ora che lo sappiamo andremo avanti a tappeto. Ma agirete legalmente anche verso il canale distributivo? Certamente. Non dimentichiamo che chi importa o commercializza prodotti contraffatti in paesi in cui sono coperti da brevetto è altrettanto colpevole di chi li produce. Abbiamo già diffidato alcuni importatori europei di copie cinesi e intensificheremo la nostra battaglia anche su questo fronte. Clay Paky ha depositato i propri brevetti in tutti i paesi industrializzati e siamo determinati a difendere i nostri diritti. Allargheremo la nostra azione di tutela a tutti i paesi in cui il fenomeno si dovesse estendere. Lei diceva che il fenomeno della pirateria non attacca solo la singola industria, ma aggredisce l’intera filiera. Cosa vuol dire? Per chiarire quello che intendo, porto l’esempio di un nostro prodotto di punta, lo Sharpy. Tutti lo sanno nel nostro settore: è un proiettore assolutamente originale, prima inesistente, inventato da Clay Paky con un impegnativo processo di ricerca e innovazione. Il successo di questo proiettore è stato davvero enorme. I service di tutto il mondo non hanno avuto esitazioni ad investire in un prodotto così innovativo e sono stati i più forti promotori del suo utilizzo: perché è più efficace e spettacolare di altri proiettori più potenti; perché porta un valore aggiunto vero in termini creativi a ogni spettacolo ed è quindi facile convincere i committenti ad usarlo; perché è remunerativo, ha costi di gestione bassi ed è facile da gestire. I lighting designer, i direttori della fotografia e i produttori di spettacoli in tutto il mondo – da parte loro – sono entusiasti, perché hanno nuovi effetti spettacolari da proporre ai loro clienti, effetti tangibili che tutti apprezzano subito e continuano a richiedere. Anche i media sorridono, perché l’innovazione rivitalizza gli investimenti pubblicitari. Tutto ciò significa garantirsi un ritorno sull’investimento (ROI) molto interessante per tutti gli attori della filiera e rende possibili ulteriori investimenti, che sono la linfa per il successo dell’intero sistema. E, invece, cosa capita quando sul mercato sono proposti prodotti contraffatti? Mi chiede cosa fa chi “fotocopia” un prodotto? Scusi la brutalità, ma essenzialmente se ne frega di tutto. Dei brevetti che a noi costano centinaia di migliaia di euro. Degli stipendi che noi paghiamo ogni mese ai nostri dipendenti che lavorano in ricerca e sviluppo. Dei diritti dei loro lavoratori, mal pagati, senza tutele e costretti a lavorare in condizioni pietose. Delle regolamentazioni di sicurezza, che semplicemente ignorano. Perfino dei compratori finali del loro prodotto, che abbandonano nel momento stesso in cui effettuano la vendita. A loro nulla importa della qualità del prodotto: provate a rispedire in Cina un proiettore contraffatto guasto, o solo a chiedere un pezzo di ricambio. A loro non importa niente nemmeno dei loro partner di distribuzione, gli intermediari, gli importatori, gli agenti del business to business. Con le loro newsletter via e-mail – io ne ricevo almeno dieci ogni settimana – aggirano qualsiasi sistema distributivo e raggiungono direttamente i clienti finali, senza curarsi di avere qualcuno che possa fornire un’assistenza tecnica sul territorio. E non dimentichiamo che non fanno alcun investimento nella comunicazione: le loro sono vendite sul web in puro stile mordi-e-fuggi; in effetti perché sprecare soldi ? Un rappresentante che dia supporto locale al cliente, un centro assistenza tecnica, un magazzino ricambi … a che servono? Producono solo costi. Fidelizzare i clienti? A che serve? Ce n’è quanti ne vuoi … Qualcuno è però indulgente con questo fenomeno, nel mondo consumer si parla a volte di “democratizzazione del mercato”… Non sono affatto d’accordo con questa tesi. A parte che la pirateria è giustamente combattuta in maniera energica anche nel mondo B2C, il nostro è comunque un settore di beni strumentali, che devono essere progettati come affidabili strumenti di lavoro, in grado di produrre reddito nel medio e lungo termine, con un ciclo di vita sufficiente da garantirne l’ammortamento. Purtroppo noto che alcuni, anche nel nostro settore, vedono con occhio positivo le copie a basso prezzo, interpretandole, come diceva, proprio come una specie di processo di “democratizzazione” del mercato. Ma mi chiedo: si rendono conto che questa finta democratizzazione dei beni strumentali porta solo all’impoverimento della filiera? Chi ha deciso di vendere copie “made in China” dei nostri (o di altri) prodotti è qualcuno che investe zero, dà zero garanzie e sfrutta la domanda creata (e pagata) da altri. Insomma è un approfittatore della peggior specie, non qualcuno che aiuta il mercato a crescere con un proprio contributo originale. Compra un prodotto del tutto illegale (perché tale è una copia contraffatta di un prodotto pluri-brevettato), da un fornitore che non dà garanzie di qualità e di sicurezza, lo paga poco perché vale poco, lo vende a poco senza curarsi degli effetti di questa sua sciagurata politica. A questo punto la corsa al ribasso diventa inarrestabile. Poiché l’unica variabile competitiva di una copia piratata è il prezzo (non l’innovazione che porta, non la sicurezza, non la sua qualità, sicuramente nemmeno la sua durata nel tempo), il prezzo non potrà che continuare a scendere. Ci sarà sempre qualcuno che si spingerà ancora più in là nell’abbassare la qualità complessiva del prodotto e venderlo a un prezzo ancora più basso. E il gioco finisce qui. Tutta la filiera, in questo modo, è destinata ad avere margini sempre più bassi fino a morire. Quali sono le conseguenze per aziende come Clay Paky di questo pesante attacco dei contraffattori? Il nostro è un settore di nicchia, un mercato in cui i numeri sono infinitamente più piccoli rispetto a settori dei beni di consumo. Noi parliamo di migliaia di pezzi all’anno, non di milioni. Tuttavia la tecnologia che si usa nel nostro settore è molto sofisticata e richiede notevoli investimenti in ricerca e sviluppo. Anche quando un prodotto ha successo, non possiamo beneficiarne in maniera esponenziale, proprio perché i volumi di produzione sono limitati. E in più non capita tutti i giorni di inventare un prodotto di successo mentre le spese per la ricerca sono permanenti. Chi è stato in Clay Paky ha visto coi propri occhi che per stare all’avanguardia abbiamo un bel po’ di gente che sviluppa nuovi proiettori. È indispensabile per andare avanti in un settore che pretende novità anno dopo anno. Trascurando per un momento gli aspetti etici legati alla proprietà intellettuale, l’impoverimento del settore può solo costringere noi (e quelli come noi) a fare sempre meno ricerca, ad appiattire la nostra offerta su livelli sempre più bassi. E poi cosa succederà? Da chi verranno i prodotti innovativi che sono la linfa del mondo dello spettacolo? Credete forse che verranno da quelli che finora hanno copiato pedissequamente ciò che noi abbiamo saputo fare, perfino i nostri errori progettuali? Proteggere la proprietà intellettuale non è dunque solo nell’interesse di chi produce? La proprietà intellettuale, di chiunque essa sia, è un diritto che tutti gli operatori di un determinato settore devono difendere. Gli investimenti in innovazione vanno a beneficio della crescita di tutti; rivitalizzano il business e creano opportunità di lavoro. Nessuno dovrebbe incoraggiare la vendita e l’uso di prodotti contraffatti. E’, per dirla tutta, una questione primaria di sostenibilità. Battersi con fermezza contro i malfattori che producono illegalmente copie e contro gli speculatori che altrettanto illegalmente le vendono è necessario per tutti quelli che lavorano onestamente nel mondo dello show lighting, come in ogni altro settore. Serve per difendere il valore aggiunto che ognuno crea nel proprio ruolo e serve per difendere la salute del settore. Il concetto di democratizzazione del mercato piace anche a me, ci mancherebbe. Ma deve avvenire con una concorrenza leale, ad armi pari, con qualità e servizi garantiti. ]]>