Sergio Vazzoler Fine anno, tempo di bilanci e di buoni proposti per il 2017. Chi, come noi, si occupa di comunicare la sostenibilità avverte sempre più forte la necessità di un “tagliando”. Da un lato assistiamo alla crescita esponenziale dell’attenzione da parte delle grandi imprese nei confronti delle dimensioni sociali e ambientali (in dieci anni sono raddoppiati gli investimenti “sostenibili” in Italia secondo i dati dell’ultimo Osservatorio Socialis, superando il tetto del miliardo di Euro) e alla parallela difficoltà di distinguere tra azioni tangibili e semplice storytelling. D’altro canto cresce la distanza tra “big” e PMI, con quest’ultime ancora in larghissima maggioranza impegnate a “tenere botta” sui fondamentali economici e a guardare alla sostenibilità come qualcosa di marginale o superfluo. In mezzo i consumatori, la cui sensibilità a concetti quali etica, benessere e trasparenza è in vertiginoso aumento ma spesso è usata e (male) indirizzata da un sistema mediatico a caccia di tormentoni e guerre ideologiche. Ecco perché forse è giunto il momento di percorrere una strada più impegnativa nel comunicare la sostenibilità. Le tre dimensioni tradizionali (economica, sociale e ambientale) non bastano più, occorre introdurre la dimensione culturale. Accanto agli indicatori numerici, per accorciare le distanze tra domanda e offerta, tra grandi e piccole/medie imprese e, soprattutto, per raggiungere una piena consapevolezza nel misurare l’effettiva responsabilità sociale del business, sforziamoci a diffondere la cultura della sostenibilità.]]>