Il dibattito sull’Omnibus e la CSRD: cosa sta succedendo e perché è importante per le aziende

Una mappa delle posizioni emerse in Europa: soglie, standard, perimetri e scenari futuri che potrebbero ridefinire la normativa sulla rendicontazione di sostenibilità.
Il panorama normativo europeo sulla rendicontazione di sostenibilità sta attraversando un momento cruciale, con l’approvazione del pacchetto Omnibus che potrebbe avere un impatto significativo sulla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD). A seguito delle proposte di modifica, molte aziende, tra cui le PMI, potrebbero trovarsi a dover rivedere le loro pratiche di rendicontazione, con implicazioni che vanno dalla trasparenza della comunicazione sulla sostenibilità alla gestione dei rischi.
Una delle posizioni più controverse emerse nel dibattito riguarda quella del nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz, che ha chiesto l’abrogazione della Direttiva sulla due diligence (CS3D), toccata anch’essa dal pacchetto Omnibus insieme alla CSRD. Due normative diverse ma strettamente interconnesse, entrambe messe sotto pressione da una visione della competitività che rischia di tradursi in un passo indietro. Eppure, proprio la Germania, oggi fautrice della retromarcia, era stata tra le prime ad aver recepito la CS3D con una legge nazionale.
La BCE: trasparenza sì, ma con proporzionalità
Una delle voci più influenti nella discussione è quella della Banca Centrale Europea (BCE), che ha espresso preoccupazione per la proposta di ridurre dell’80% il numero di imprese coperte dalla CSRD. Secondo la BCE, una tale riduzione comporterebbe un drastico calo nella disponibilità di informazioni essenziali per valutare l’impatto delle imprese sulla sostenibilità, in particolare per quanto riguarda le emissioni di gas serra e la biodiversità: entrambe queste dimensioni sono, infatti, importanti per il mondo bancario per misurare la resilienza del business.
La BCE suggerisce che le imprese di medie dimensioni (500-1000 dipendenti) rimangano incluse nel campo di applicazione della CSRD, ma con obblighi di reporting semplificati e proporzionati. Questo approccio garantirebbe una maggiore trasparenza, consentendo agli stakeholder di avere accesso a dati significativi per valutare i rischi e le opportunità legati al cambiamento climatico e ad altri temi ambientali.
Omnibus e CSRD, le posizioni degli Stati membri: tra rigore e flessibilità
Nell’ambito del dibattito parlamentare a Strasburgo, anche l’Italia ha espresso dubbi rispetto alla riduzione dell’ambito della CSRD dell’80%, proponendo invece una soglia di 500 dipendenti come limite per l’obbligo di rendicontazione, con l’adozione di standard semplificati di rendicontazione. La posizione italiana mira a proteggere le medie imprese, che altrimenti rischierebbero di essere escluse dal reporting obbligatorio, senza però compromettere la qualità e l’affidabilità delle informazioni.
Sempre durante il dibattito parlamentare, Jörgen Warborn, il principale negoziatore per l’Omnibus e rappresentante del PPE, ha suggerito addirittura una soglia di 3.000 dipendenti per l’applicazione della CSRD. Questa proposta, tuttavia, ha suscitato alcune preoccupazioni tra gli esperti, poiché ignora le esigenze degli investitori, che necessitano di informazioni sulla sostenibilità anche da parte di imprese di dimensioni più contenute, come dimostrato anche dal position paper della BCE.
La proposta di Warborn, che potrebbe portare a un’esclusione significativa delle PMI, rischia di allontanarsi dalla necessità di un reporting proporzionato che fornisca informazioni rilevanti per tutti gli stakeholder. Una posizione ben diversa rispetto a quella della BCE, che aveva già indicato una soglia più bassa ed equilibrata di 500-1000 dipendenti.
I trend
Si può quindi dire che, seppure nel dibattito in corso i vari Stati membri dell’UE hanno posizioni contrastanti, alcune tendenze emergono chiaramente. In generale, la maggior parte degli Stati è favorevole a una regolamentazione proporzionata, con soglie più basse, ma l’Italia spinge per una soglia di 500 dipendenti, mentre altri Stati, come la Repubblica Ceca, propongono una soglia basata sul fatturato (450 milioni di euro). In ogni caso, c’è un ampio consenso sulla necessità di mantenere la catena del valore come parte integrante del reporting, per garantire che le informazioni vengano raccolte lungo l’intera supply chain.
Supply chain, l’eccezione tedesca: il caso Merz
A complicare il quadro, si inserisce la posizione del cancelliere tedesco Friedrich Merz, che propone apertamente di abrogare la CS3D (Corporate Sustainability Due Diligence Directive). La direttiva sulla due diligence, già oggetto di negoziati complessi, è attualmente in fase di revisione – al ribasso – proprio attraverso il pacchetto Omnibus.
La posizione di Merz, centrata su una visione di competitività da tutelare “a tutti i costi”, rappresenta un potenziale pericoloso passo indietro. La Germania, che aveva già recepito la direttiva con la legge sulla catena di approvvigionamento, minaccia ora non solo di fare pressione sulla Commissione europea per cancellarla, ma anche di procedere unilateralmente, abrogando la norma nazionale.
Un atto che scuote gli equilibri istituzionali: Merz si è presentato a Bruxelles chiedendo la cancellazione di norme approvate dal Parlamento europeo e dal Consiglio UE. Questo episodio evidenzia un crescente scollamento tra gli obiettivi della transizione sostenibile e le priorità politiche di alcuni governi. In sostanza, anche in Europa i governi iniziano a frenare l’evoluzione ESG.
E ora, cosa devono fare le imprese?
Le modifiche proposte con il Pacchetto Omnibus balla CSRD e alla CS3D stanno portando a un dibattito acceso sull’equilibrio tra semplificazione e responsabilità. La domanda chiave è: come rendere il reporting sulla sostenibilità più accessibile per le PMI, senza compromettere la qualità delle informazioni fornite?
Le aziende dovranno monitorare da vicino l’evoluzione di queste proposte e prepararsi a implementare cambiamenti che potrebbero influire non solo sulla loro strategia di comunicazione, ma anche sulla loro gestione dei rischi e sull’interazione con gli stakeholder. La trasparenza sui temi ambientali, sociali e di governance (ESG) è ormai un requisito fondamentale per tutte le imprese, indipendentemente dalla loro dimensione. Non è (solo e in parte) la normativa a chiederlo: sono il mercato e la società a farlo.
In conclusione, sebbene le modifiche al pacchetto Omnibus potrebbero ridurre l’ambito di applicazione della CSRD, è cruciale che le aziende continuino a trattare la sostenibilità come una priorità strategica. Il percorso verso una maggiore trasparenza e responsabilità, infatti, non è solo una necessità normativa né una buona pratica, ma una vera e propria opportunità per rafforzare la propria reputazione, il proprio business e la fiducia degli stakeholder.