di Luca Valpreda

E’ appena uscito il numero di maggio 2013. E’ il n. 706 in 37 anni di vita. Una cifra impressionante per Il Mucchio, rivistamensile che si occupa di musica, sia pure con ampi contorni dedicati a cinema, letteratura, attualità e politica. Continuare a pubblicare un prodotto di qualità nel bel mezzo di una feroce crisi dell’editoria è un’avventura in cui si misura ogni giorno il limite della sostenibilità economica.  Ne abbiamo parlato con il direttore, Daniela Federico.

Daniela, il mondo dell’editoria in generale, e di quella culturale e musicale in particolare, è in crisi nera. Come la vivi da direttore del Mucchio?
Mah, è un’avventura quotidiana. Da una parte c’è lo stimolo a far sempre meglio a livello culturale, dall’altra, essendo editori di noi stessi (la rivista fa capo alla Cooperativa Stemax, ndr), devo far quadrare i conti. Quest’ultima è la situazione più stressante e deprimente.

Parliamo, se si può, di numeri. Mi puoi dare quelli significativi del Mucchio?
Ormai le riviste musicali viaggiano sotto le cinquemila copie vendute. Una miseria. E non vedo la luce alla fine del tunnel. Dieci anni fa, appena il Mucchio è tornato da settimanale a mensile, il Mucchio non raggiungeva le ottomila. La perdita in percentuale è in linea con il resto della stampa italiana che, in più, ha visto crollare la pubblicità. Un problema per noi relativo quest’ultimo: storicamente non ne abbiamo mai avuta tanta. Oggi come oggi puoi sopravvivere solo lavorando da casa e riducendo lo staff al minimo. Difficile però realizzare una rivista seria in queste condizioni.

Il tuo è un giornale per appassionati e, credo (leggendo la posta…), affezionati. Chi compra il Mucchio è quasi un collezionista della rivista, che legge da cima a fondo e spesso conserva con cura in libreria. Da questo punto di vista, la relazione con il lettore cosa implica?
È vero quello che dici. Ma ogni cosa ha il rovescio della medaglia. Se da una parte ci si sente una grande famiglia e si vive tutto con grande partecipazione, dall’altra ci si sente anche in diritto /dovere di starti addosso senza nessun censura o premura. Ma fa parte del gioco ed è la forza del Mucchio, alla fine.
 
Ci interessa particolarmente la comunicazione che hai instaurato con i lettori per sostenere il “progetto Mucchio”. Hai fatto appelli per aumentare gli abbonamenti (ricordo la soglia duemila che avevi indicato a suo tempo). Hai organizzato eventi sul territorio. Qual è la strategia?
L’obiettivo è quello di esserci ancora quando la bufera sarà passata. Questa crisi infinita è violenta e gli imprevisti sono talmente tanti e continui da richiedere un’elasticità mentale e organizzativa prima impensabile. Le strategie sono tante, come quella di andare solo per abbonamento, lasciare la distribuzione in edicola e uscire nelle librerie e nei negozi musicali. E incrementare l’online, ovviamente. Ormai il futuro è quello.

Qual è il livello di coinvolgimento del lettore che ritieni giusto e utile circa le difficoltà economiche del Mucchio?
Credo che oggi una rivista di musica che non sia una fanzine, non sia un’impresa “sostenibile”, per dirla con il tuo metro. Non si possono mantenere dipendenti, né avere una redazione. E’ vero che le nicchie nella crisi sono più resistenti, ma la nostra nicchia è davvero troppo limitata. Si soffre perché le tirature per forza di cose vanno diminuendo e la visibilità in edicola di conseguenza. E’ un circolo vizioso che si può interrompere solo puntando sulla rete, pur essendo consapevole che buona parte dei lettori, quelli più grandi,  non la amano. Sono cosciente di chiedere tanto e tutto insieme ai lettori. Per esempio, la formula dell’abbonamento in Italia non ha mai funzionato granché, ma il cambiamento è epocale e far finta che nulla sia cambiato significa rifiutare la realtà. Mi rendo anche conto che sto chiedendo loro di abbonarsi in un momento in cui le vecchie firme del giornale si sono allontanate e quindi il timore sul futuro della rivista a livello di contenuti è legittimo. Quello che vado ripetendo è che il Mucchio sarà quel giornale che hanno letto negli ultimi mesi e che ci saranno formule di abbonamento “leggere”, per esempio quadrimestrali. Con i nostri lettori ho cercato di essere sempre molto onesta e disponibile ai chiarimenti. Le altre riviste mantengono la comunicazione al minimo, sito vetrina e pagine facebook deserte. Mentre noi – molti giornalisti del Mucchio frequentano regolarmente il nostro forum – di spiegazioni ne diamo molte e anche su aspetti interni alla redazione che dovrebbero restare privati.  
 
Hai mai pensato a forme di coinvolgimento ancora più strette con i tuoi lettori? Non so, un’associazione, causes su Facebook… Di sicuro il tipo di relazione con il lettore cambierebbe ancora…
Il Mucchio esiste da 37 anni. Ha cambiato tante volte firme e forme. Se fosse rimasto sempre uguale a se stesso saremmo di fronte ad un fossile. Un giornale invece deve essere vivo, deve essere uno stimolo continuo. Abbiamo lettori grosso modo dai venti ai cinquant’anni che dal Mucchio vogliono cose molto diverse: compiacerli sarebbe impossibile, oltre che sbagliato. Il mio impegno è quello di fare uscire ogni mese il miglior giornale possibile, giornale che nasce dalla condivisione di idee dei collaboratori in quell’equilibrio tra musica, che fa sempre la parte del leone, cinema, libri e attualità che caratterizza la nostra formula. Anche se il Mucchio viaggerà solo per abbonamento, avrebbe nel sito, come nel suo forum, lo spazio per dialogare con i propri lettori.

Carta e web, appunto. Hai idea di come conciliare le due realtà?
Carta e web cammineranno di pari passo. Non credo che la carta scomparirà ma sicuramente subirà un ridimensionamento.

Il Mucchio è interessato alle tematiche della sostenibilità ambientale? Fate qualcosa (in redazione e nella realizzazione fisica della rivista) su questo fronte?
Quando due anni fa abbiamo cambiato la grafica del giornale avevamo puntato sulla carta di riciclo, ma abbiamo scoperto che ha costi molto elevati e per noi insostenibili. In redazione ricicliamo le bozze e persino i post-it… ma insomma… mi sembra il minimo. Per quanto riguarda l’argomento “ambiente”, abbiamo pubblicato approfondimenti in passato anche se non con regolarità, ma il tema ci interessa sempre.

Per concludere, come vedi il Mucchio e il panorama della stampa “di settore” nel 2015? Sostenibile o insostenibile?
Come ti dicevo prima, ridimensionando il tutto e facendo un sito della madonna, perché no?