di Martina Pugno Fare rete, mettere in atto azioni concrete, potenziare l’educazione e l’informazione ambientale: queste le priorità sulle quali il mondo sembra concordare, secondo quanto emerso durante il Settimo congresso mondiale dell’educazione ambientale (7th Weec) tenutosi dal 9 al 14 giugno a Marrakech. Una review dell’evento e una riflessione sulle prospettive dell’educazione all’ambiente e alla sostenibilità in Italia è stata resa lo scorso 29 agosto attraverso un seminario promosso dalla delegazione italiana al Congresso e dal Segretariato Permanente Weec. Durante l’incontro, al quale sono intervenuti operatori del settore della comunicazione e dell’educazione ambientale, la ricercatrice Antonella Bachiorri ha delineato i fondamentali aspetti emersi nel corso del Congresso, durante il quale “per la prima volta è stata registrata la massiccia presenza del mondo arabo, aprendo le porte a nuove possibilità di confronto e sinergia. Il tema più ricorrente nei diversi incontri è stato l’urgenza di ridurre il divario dell’educazione ambientale tra le città e le aree rurali, mentre i confini tra le due realtà si fanno sempre più labili. E’ emerso in modo forte e deciso, ancor più che negli anni scorsi, la necessità di intervenire, di mettere in atto azioni concrete. Individuati e condivisi i problemi, è ora di agire”. Un pensiero profondamente condiviso dal Segretario Generale Weec Mario Salomone, che abbiamo intervistato. In occasione di questo settimo congresso, la delegazione italiana ha avuto modo di confrontarsi con quelle di altri 104 Paesi presenti: le difficoltà, le urgenze e le necessità più impellenti hanno mostrato tratti peculiari o possono considerarsi condivise? Quali sono le maggiori difficoltà attualmente presenti nel settore dell’educazione ambientale in Italia? In generale è possibile riscontrare tratti comuni, che lasciano spazio ad un’azione sinergica e alla possibilità di sviluppare una rete efficace a livello internazionale. Nel corso di questo decimo congresso, si è verificata per la prima volta una significativa partecipazione da parte delle istituzioni, prima assenti. In Italia, in particolare, le istituzioni sono spesso latitanti su questi temi. Forti difficoltà sono evidenti anche dal punto di vista economico: in questo senso la Lombardia è un po’ un’isola felice in un quadro fatto di vuoti, di assenza di finanziamenti. Un problema rafforzato dall’assenza di una forte spinta dal basso; in questo, ad esempio, la Francia è un esempio da seguire mentre in Italia la società civile è debole e questo non favorisce il coinvolgimento diretto delle istituzioni. Dobbiamo chiederci cosa possiamo fare noi, in quanto cittadini, prima di tutto. Bisogna saper creare una rete, per favorire l’educazione ambientale in ogni contesto, non solo in quello scolastico. E’ questo lo spirito con il quale è nata la Federazione Italiana dei Media Ambientali, dei quali è Presidente? La Federazione Internazionale dei Media Ambientali è nata a Perugia lo scorso 24 aprile, nel corso del Festival Internazionale del Giornalismo, per la volontà di 50 soci. Tra essi, vi sono figure molto diverse, alcune apparentemente in contrasto: testate cartacee e online, docenti, blogger, giornalisti, comunicatori, pubblicitari, fino al grande comunicatore sui temi ambientali Luca Mercalli… è una federazione mista e multicanale. Non è una federazione di giornalisti, né una federazione di editori, ma una federazione di comunicatori, con un obiettivo comune: diffondere cultura e sostenibilità. La Fima nasce per rispondere all’esigenza di fare rete, di favorire il lavoro in sinergia tra i diversi operatori della comunicazione e dell’educazione ambientale. Ha parlato di comunicatori e di educatori: quanto è importante l’interazione tra essi? L’interazione tra le diverse realtà dell’educazione ambientale è fondamentale: l’educazione passa attraverso canali formali e informali, la scuola non è l’unico teatro dell’istruzione. Gli individui adulti, le famiglie, le istituzioni, sono tutti parte di questo contesto. Il legislatore è educatore nel momento in cui approva una legge, i mass media sono il principale canale di educazione informale. Per questo occorre promuovere la collaborazione, la sinergia, il confronto. Non a caso, il Congresso di Marrakech sull’educazione ambientale ha ospitato anche un workshop di giornalisti ed esperti di comunicazione ambientale. Quali sono i prossimi obiettivi della Fima? Innanzitutto mettere a punto il sito e fare un Congresso fondativo, per la conferma o la messa a punto dello Statuto e per l’elezione degli organi definitivi. Poi la partecipazione a diversi eventi: i primi di novembre a Ecomondo, a Rimini. Creare occasioni di incontro ed eventi in Italia, ma anche fare formazione integrando i progetti a livello universitario, in collaborazione con gli organi di governo. La Federazione rivela quanto il mondo degli operatori ambientali sia variegato: è giusto che i percorsi formativi siano differenziati, ma occorre innalzare il livello della formazione e portare più rigore. Occorre unire le complessità e le competenze per andare incontro a una società “verde”.]]>