La nuova proposta di direttiva europea sul reporting di sostenibilità spiegata bene

12 Mag, 2021 | Focus Mondo

Tutte le principali novità del documento proposto, dalla platea delle aziende interessate ai diversi standard per grandi società e Pmi

Quali sono le innovazioni della nuova proposta di direttiva europea sul reporting di sostenibilità, presentata dalla Commissione il 21 aprile? Quali le principali aree di intervento? In che modo potrebbe cambiare la rendicontazione della sostenibilità aziendale e soprattutto quali saranno le imprese interessate dal cambiamento normativo? Porsi queste domande è importante: conoscere le risposte è essenziale per farsi trovare preparati. La materia, però, non è delle più semplici. In questo articolo potrete trovare, spiegate in maniera speriamo chiara e semplice, le principali novità della proposta di direttiva europea sul reporting di sostenibilità.

Reporting di sostenibilità: le indicazioni della nuova proposta di direttiva europea

  1. Partiamo dal nome: la Dichiarazione Non Finanziaria andrà in pensione e lascerà il posto al reporting di sostenibilità

La prima grande novità è nella terminologia: la proposta di direttiva si riferisce a questo tipo di rendicontazione come “reporting di sostenibilità”. Sparisce, perciò, l’espressione negativa: non si parlerà più di dichiarazione “non finanziaria”. Questo riscatta la rendicontazione della sostenibilità dalla posizione subalterna che ha avuto fino a questo momento e la porta allo stesso livello di quella finanziaria. Sembra una modifica solo formale ma sottintende un cambiamento di prospettiva e di atteggiamento sostanziali.

  1. Le aziende obbligate alla rendicontazione saranno molte di più

La proposta della Commissione amplia, e non di poco, la platea delle imprese che devono redigere il report di sostenibilità. La nuova direttiva estende l’obbligatorietà a tutte le grandi imprese, a tutte le banche e a tutte le assicurazioni europee quotate o non quotate, nonché a tutte le società quotate, a eccezione delle micro-quotate (ossia le imprese con meno di 10 dipendenti e un volume di affari inferiore a 700mila euro). Una impresa per essere definita “grande” deve avere più di 250 addetti medi annui. Si stima che in Europa le aziende interessate passeranno dalle 11mila di oggi a oltre 49mila. E non finisce qui, perché si discute anche della possibilità di estendere l’informativa di sostenibilità alle imprese che fanno parte della supply chain delle grandi aziende.

  1. Il principio di proporzionalità: standard diversi per grandi aziende e Pmi

Il documento prodotto dalla Commissione prevede standard di rendicontazione diversi in base alle dimensioni dell’azienda. Per le Pmi quotate saranno stabiliti standard semplificati. Le piccole e medie imprese non quotate, inoltre, potranno aderire al modello in via volontaria.

  1. Gli standard di rendicontazione europei e la natura delle informazioni da rendicontare

L’Unione Europea avrà standard specifici di rendicontazione della sostenibilità, più specifici rispetto a quelli dell’attuale normativa. Questi criteri avranno natura sia generica che settoriale e saranno improntati a una prospettiva multi-stakeholder, uscendo quindi da una visione investitore-centrica. I temi che la direttiva coprirà riguarderanno, oltre a tutti i fattori ESG, anche gli intangibili (vd. prossimo punto per approfondimento). Inoltre, le informazioni sulla sostenibilità dovranno avere carattere non solo retrospettivo ma anche prospettico, con indicazioni precise rispetto ai risultati attesi.

  1. I criteri ESG diventano ESG+

Se prima le tematiche da rendicontare erano quelle attinenti ai criteri ESG (environmental social governance), la nuova direttiva sul reporting di sostenibilità introduce un nuovo aspetto di cui tenere – e soprattutto dare – conto: gli intangibili, quei beni in cui rientrano il capitale umano, la proprietà intellettuale, il capitale reputazionale, elementi sempre più centrali ma difficili da valutare. Le informazioni riguardo gli intangibili, nonostante la loro importanza nei maggiori mercati, sono oggi ancora poche. Una situazione che la Commissione intende cambiare.

  1. Il principio della doppia materialità

La nuova direttiva ribadisce il principio della doppia materialità. Questo principio stabilisce che una informazione per essere ritenuta significativa ed essere inserita nel report di sostenibilità debba sia riferirsi alle prestazioni finanziarie di un’azienda e al suo valore nel lungo periodo, sia impattare il contesto socio-ambientale di riferimento.

  1. Una spinta sulla digitalizzazione

Per aumentarne diffusione e comparabilità, la direttiva stabilisce l’obbligo di rendere digitale l’informazione presente nel report di sostenibilità, utilizzando il linguaggio XHTML (XBRL). Tutte le informazioni di sostenibilità digitalizzate dovranno poi essere pubblicate secondo un unico «European Single Electronic Format» (ESEF) e confluire nello «European Single Access Point» (ESAP). Tutti aspetti che sono volti a rendere semplice l’accesso alle informazioni e saranno successivamente sviluppati.

  1. Assurance

Novità anche in merito al ruolo e al lavoro del revisore. La nuova direttiva europea sul reporting di sostenibilità estende a tutti i report redatti secondo le sue norme l’obbligo di essere assoggettati alla limited assurance, un livello di revisione che va a verificare i processi interni e le procedure senza scavare troppo in profondità. L’ottica è quella di arrivare in poco tempo alla reasonable assurance, più completa, approfondita e con un maggior numero di verifiche.

Ma quando potrebbero entrare in vigore queste norme?

Verosimilmente, la direttiva sarà approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio europeo nel primo o nel secondo trimestre del 2022. I nuovi standard di reporting di sostenibilità dovrebbero essere approvati entro la fine del 2022. L’obiettivo finale è quello di avere i primi report di sostenibilità con la nuova normativa e i nuovi standard nel 2024 con riferimento all’esercizio 2023. Ma vale la pena prepararsi per tempo!

Micol Burighel