Città europee fuori rotta: poco adattamento climatico

12 Mag, 2025 | Focus Mondo

Le città europee di fronte all'adattamento climatico

Solo una su due ha un piano di adattamento climatico, e il 70% di quelli esistenti è incoerente. Così il climate change rischia di amplificare (anche) le disuguaglianze sociali

Secondo un recente studio di Carbon Brief pubblicato su Nature Climate Change e realizzato da un gruppo di ricerca europeo, oltre il 70% dei piani di adattamento climatico adottati dalle città europee risulta incoerente. Obiettivi, rischi identificati, misure previste e sistemi di monitoraggio non dialogano tra loro. Il dato più preoccupante? Circa metà delle città analizzate – 327 in tutto – non ha mai nemmeno pubblicato un piano.

Adattamento climatico: un puzzle senza istruzioni

Il punto non è solo l’assenza di piani, ma l’inadeguatezza di quelli esistenti. L’analisi applica cinque “check di coerenza” ai piani delle città europee: dalla corrispondenza tra rischi identificati e misure adottate, fino al coinvolgimento delle comunità vulnerabili nei processi decisionali. Il risultato è un mosaico disallineato, dove l’adattamento appare più come una dichiarazione d’intenti che un’azione concreta.

L’esempio paradossale? Delle 81 città che riconoscono l’aumento del rischio di tempeste, solo 23 lo traducono in obiettivi politici specifici. La coerenza tra rischio e risposta, insomma, è tutt’altro che sistemica.

La strategia che manca: KPI, monitoraggio e governance

Siamo davanti a un deficit di maturità strategica. In troppi casi i piani sembrano mancare di una reale architettura: pochi obiettivi misurabili, scarsa integrazione tra settori, assenza di indicatori di performance (KPI) e meccanismi di monitoraggio solidi. Come se le città non sapessero nemmeno da dove iniziare – o peggio, come se bastasse dichiarare l’intenzione per considerare l’adattamento fatto. Un meccanismo distorto che troviamo anche nel mondo delle imprese e delle organizzazioni (per esempio, sul tema della decarbonizzazione).

La sostenibilità, però, non si improvvisa. E ancor meno lo si può fare con l’adattamento climatico, che richiede processi sistemici e visione di lungo periodo. I dati del report di Carbon Brief mostrano che spesso, più che piani strutturati, siamo davanti a elenchi disarticolati di misure che non corrispondono alle reali vulnerabilità del territorio.

Se l’ambiente non è sociale: una coerenza (ancora) mancata

C’è un aspetto ancora più inquietante: le conseguenze sulle fasce sociali più deboli. Solo il 4% dei piani coinvolge le comunità vulnerabili nella definizione o nel monitoraggio delle misure. E solo il 43% prevede azioni coerenti per proteggere le persone anziane, a basso reddito o le minoranze etniche, pur riconoscendole come a rischio.

In altre parole, stiamo costruendo piani di adattamento climatici “per tutte e tutti” che ignorano proprio chi rischia di subire le conseguenze peggiori. Un errore strategico e culturale che rivela quanto la dimensione sociale della sostenibilità sia spesso la più trascurata. Eppure, l’adattamento è un tema profondamente sociale: riguarda l’abitabilità delle città, la sicurezza abitativa, l’accesso all’acqua e al fresco, la protezione dei soggetti più fragili.

Le città (non) si adattano: quando il tempo è contro

Il dato che fa più rumore, però, è un altro: l’Europa si sta scaldando il doppio rispetto alla media globale. Eppure le città – i luoghi dove vivrà il 75% della popolazione entro il 2050 – non si stanno preparando in modo efficace. E questo in un continente che ha avuto a disposizione strumenti, fondi e competenze.

Siamo quindi davanti a un paradosso: più cresce l’urgenza climatica, più si allarga il divario tra ciò che sappiamo di dover fare e ciò che effettivamente facciamo. Le città rischiano di essere colte impreparate da eventi sempre più estremi, senza una bussola per orientarsi.

Serve un cambio di paradigma. L’adattamento non può essere affidato alla buona volontà dei singoli Comuni, né ridotto a un esercizio formale. Servono linee guida comuni, strumenti di valutazione comparabili e supporto operativo alle amministrazioni locali. Ma soprattutto serve una visione integrata che tenga insieme rischio climatico, giustizia sociale e governance pubblica.

I piani devono diventare processi, non solo documenti. E devono essere progettati con – non solo per – le comunità. Perché se l’adattamento non è condiviso, rischia di rafforzare le disuguaglianze invece che ridurle.

Navigare senza mappa: perché la coerenza è il vero atto politico

Non si tratta solo di efficacia. Si tratta di equità. Ignorare le connessioni tra clima e società significa alimentare un modello di sviluppo miope, in cui l’adattamento diventa privilegio di pochi individui e l’impatto climatico un fardello per molte persone.

In un’epoca in cui le parole “resilienza” e “sostenibilità” riempiono ogni documento programmatico, la vera sfida è dare loro concretezza. E coerenza. Perché la coerenza non è una formalità: è il modo in cui traduciamo valori in scelte. E la sostenibilità, se vuole essere davvero tale, deve essere capace di affrontare le contraddizioni. A partire da quelle che si annidano nelle nostre città.

Micol Burighel