La transizione ecologica ha un problema di comunicazione: il sondaggio YouTrend

Un individuo su quattro in Italia è meno motivato ad agire per il clima. Il racconto della transizione ecologica deve cambiare passo – e tono
La comunicazione può attivare il cambiamento o bloccarlo. È quanto emerge dal sondaggio realizzato da YouTrend per Echi 2025, l’evento che ogni anno mette a fuoco lo stato dell’arte della comunicazione ambientale in Italia. La rilevazione segnala un calo generalizzato della motivazione nei confronti dell’azione climatica: da parte della cittadinanza, delle imprese e soprattutto delle istituzioni. Ma non è una resa: è un segnale. E come ogni segnale, va ascoltato.
Motivazione in calo, fiducia che vacilla
Secondo i dati, il 42% di italiani e italiane ritiene che le persone attorno a loro siano oggi meno motivate ad agire contro il cambiamento climatico rispetto a qualche anno fa. Un percepito che si estende anche all’impegno delle aziende (43%) e, ancor più, delle istituzioni (49%). Ma il dato più disarmante è quello personale: una persona su quattro dichiara di sentirsi in prima persona meno motivata.
La transizione ecologica, quindi, non è ferma solo per vincoli politici o ritardi normativi, ma anche – e forse soprattutto – per una perdita di slancio culturale e relazionale.
Tra paure economiche e narrazioni impotenti
Quali sono le ragioni di questa disillusione diffusa? Innanzitutto la paura: il 30% teme ricadute sull’occupazione, il 24% guarda con preoccupazione al vantaggio competitivo della Cina. Ma a pesare è anche il senso di impotenza: il 31% sente che il problema climatico è troppo grande per poter essere influenzato dalle scelte del singolo individuo.
E poi c’è la comunicazione. Una comunicazione che – quando è percepita come allarmista o colpevolizzante – diventa parte del problema. Il 23% delle persone demotivate cita quello che viene percepito come eccessivo allarmismo come causa del proprio disimpegno.
Soluzioni, non solo problemi: cambiare tono è un’urgenza
La buona notizia? Il cambiamento è possibile. Il 77% del campione afferma che si sentirebbe più coinvolto se la comunicazione si concentrasse sulle soluzioni anziché sui problemi. Il 63% chiede un maggiore focus sui benefici economici della transizione, mentre il 61% desidera messaggi meno fondati sulla paura.
In sintesi: la narrazione della sostenibilità deve uscire dalla trappola della colpa e dell’urgenza perpetua per diventare abilitatrice di possibilità. Perché la consapevolezza non basta, se non si accompagna alla speranza, e la speranza non è una favola: è un progetto comunicativo, costruito su dati, esempi concreti e fiducia reciproca.
Comunicazione e percezione: lo scarto da colmare
Un aspetto centrale emerso dal sondaggio riguarda la distanza tra la motivazione individuale e la percezione dell’impegno collettivo. Anche chi è motivato ha l’impressione che il resto della società non lo sia altrettanto. Questo scarto mina la spinta all’azione: se non vedo nessuno muoversi, perché dovrei farlo io?
Come spiega Lorenzo Pregliasco, cofondatore di YouTrend, “la comunicazione può essere parte della soluzione se riesce a rappresentare in modo credibile l’impegno di istituzioni e imprese. Ma se resta fredda, tecnica o catastrofista, rischia di raffreddare l’entusiasmo delle persone”.
Fiducia, esempi, prossimità: la grammatica del cambiamento
La vera leva per riattivare la motivazione è una comunicazione che costruisca relazioni e non solo contenuti. Serve voce nuova: più vicina, più concreta, meno verticale. Serve una narrazione capace di riconoscere la complessità ma senza paralizzare, di raccontare sfide ma anche traguardi, di mostrare le difficoltà ma senza perdere di vista la possibilità di farcela.
Capace in qualche modo di delineare la transizione per quello che è: un percorso progressivo, fatto di sfumature, contraddizioni, rischi e opportunità, la cui autenticità risiede nella sua natura dinamica e viva.
Il racconto della sostenibilità deve uscire dalla cronaca ansiogena del “tutto è compromesso” (o dal washing del “è tutto perfetto”) per diventare il diario di bordo del possibile. Le parole chiave? Fiducia, trasparenza, coinvolgimento. Perché la transizione ecologica è prima di tutto una transizione culturale.
Accendere il motore della motivazione
Torniamo al dato di partenza: in Italia, una persona su quattro oggi si sente meno motivata ad agire per il clima. È un dato che preoccupa, ma che ci indica in che direzione andare per rendere possibile un cambiamento.
Comunicare sostenibilità non significa “dire le cose giuste”, ma creare lo spazio in cui le persone possano riconoscersi, immaginare un futuro e decidere di contribuire. Se vogliamo che la transizione ecologica diventi un processo partecipato e reale, dobbiamo passare anche da qui: dalla voce con cui lo raccontiamo.