6 cose che le imprese dovrebbero sapere sull’acqua e sulla sostenibilità

Giu 30, 2015

Josephine Moulds Mentre continua a imperversare il dibattito sul cambiamento climatico, è opinione diffusa che è finita l’era dell’accesso facile e a basso costo all’acqua. Si stima che il fabbisogno di acqua eccederà le risorse praticabili del 40% entro il 2030 se continueremo a comportarci come abbiamo fatto finora. Naturalmente, le problematiche legate all’acqua variano da regione a regione; se c’è la siccità nella California, ci sono alluvioni nel Bangladesh. E tra questi due estremi, ci sono tante altre difficoltà. Il Brasile, un paese tipicamente piovoso, ha dovuto introdurre un sistema di razionamento dell’acqua, e persino il Regno Unito ha aperto un impianto di dissalazione per combattere le carenze. Ma che cosa devono sapere le imprese per adeguarsi? 1. L’acqua è una fonte di valore Da tempo, l’acqua è una voce da spuntare sull’elenco delle ‘cose da fare’ nell’ambito della corporate social responsibility, ma oggi, con regole più severe e una disponibilità in diminuzione, è diventata anche una questione operativa. Martin Stuchtey, direttore del McKinsey Center for Business and Environment, osserva che il valore dell’acqua supera il costo di procurare l’acqua fresca e di gestire le acque reflue. L’acqua trasporta calore, sostanze chimiche, prodotti e agenti inquinanti; il suo valore deriva da ciò che ci viene immesso e da ciò che ne viene tolto. “Perdi valore se non riesci a recuperare gli elementi nutritivi e l’energia dalle reflue”, afferma Stuchtey. 2. La regolamentazione dell’acqua (o la sua assenza) costituisce una grande sfida In un contesto di crescente preoccupazione riguardo la carenza e l’inquinamento dell’acqua, si chiede ai policymaker che introducano regole più stringenti. La Cina, ad esempio, ha stabilito rigorose condizioni per la gestione delle risorse idriche, stabilendo limiti obbligatori per l’utilizzo, l’efficienza e la qualità. Non sempre, però, le regole si traducono in miglioramenti reali, data la mancanza di trasparenza, le difficoltà di applicazione e le differenze tra le politiche locali e quelle nazionali. Nel mondo imprenditoriale, un regime regolamentare debole può essere problematico quanto un’ondata di regole nuove. Il CEO Water Mandate dell’Onu dice: “Il rischio regolamentario esiste anche quando i governi non sono in grado di gestire le proprie risorse idriche in modo efficace”. Il documento puntualizza che la mancanza di disposizioni sulla qualità dell’acqua può portare a condizioni di forte inquinamento al punto che le industrie locali si trovano costrette ad affrontare costi alti per trattare l’acqua prima che sia idonea all’uso. 3. L’acqua può distruggere la reputazione aziendale Se le imprese hanno l’acqua, mentre il territorio non ne dispone, la loro reputazione aziendale ci va di mezzo e potrebbero perdere la cosiddetta licenza operativa sociale, afferma Hannah Greig, il consulente Water Aid per il settore privato. Nestlè è stata fortemente contestata perché ha continuato a imbottigliare l’acqua in California nonostante il periodo di siccità, tuttora in corso. “La percezione è importante quanto la realtà”, sostiene Greig. “Anche se l’azienda fa arrivare l’acqua con un autocisterna, e non la sottrae alla comunità, non importa.” I residenti locali continueranno a vedere la sua presenza in una luce negativa e potrebbero cercare di bloccare le attività. Una buona gestione idrica e una sicura fornitura di acqua e servizi igienici può mitigare tale rischio, aggiunge Greig. Secondo i principi guida Onu sul business e i diritti umani, le imprese devono tutelare il diritto delle persone all’acqua e ai servizi igienici. Questo fa bene anche al business, dice Greig. “La diminuzione delle malattie causate da problemi con l’acqua riduce l’assenteismo per malattia, quindi la forza lavoro è più produttiva. Inoltre, l’accesso all’acqua e ai servizi igienici nelle comunità fa sì che i ragazzi, soprattutto le femmine, frequentino la scuola più a lungo, quindi ci si trova con una popolazione locale più istruita da cui trarre le risorse umane”. 4. I settori devono collaborare sulla gestione idrica Con la siccità in California ormai al quarto anno, la concorrenza per ottenere l’acqua è diventa più agguerrita. L’agricoltura, il settore che consuma le maggiori quantità di acqua in California, è esente da alcune disposizioni obbligatorie per la riduzione del consumo, una situazione che ha provocato forti proteste da parte di altre industrie e della popolazione. I vari settori devono collaborare per una gestione più efficiente dell’acqua, dice Stuchtey. “Uno sforzo congiunto tra l’agricoltura e le industrie potrebbe permettere di trovare una soluzione migliore. Le acque grigie industriali, se non troppo contaminate, potrebbero essere una risorsa interessante per l’agricoltura. Dobbiamo parlarci tra settori e gestire l’acqua in modo circolare per una maggiore efficacia”. 5. Il business deve spostarsi verso un’economia circolare dell’acqua Allo stato attuale, l’acqua passa lungo il sistema, diventando sempre più inquinata fino a quando il riutilizzo non è più possibile. Le imprese dovrebbero, invece, considerare l’acqua come parte di un’economia circolare, che mantenga cioè il suo valore dopo ogni utilizzo e alla fine venga reimmessa nel sistema. Dice Stuchtey: “Occorre un atteggiamento del tutto nuovo basato sul principio che bisogna evitare la contaminazione dell’acqua a priori. L’acqua va trattata come bene durevole, tenuta in loop chiusi; oppure come bene di consumo, ma restituendola in modo che il suo riutilizzo una seconda o una terza volta sia vantaggioso, anche economicamente”. 6. Le imprese devono guardare al di fuori dei propri cancelli Sempre di più, si aspetta che le imprese si interessino alla gestione dell’acqua anche al di fuori delle proprie attività. Recentemente, la Diageo si è data l’obiettivo di migliorare l’efficienza idrica del 50% entro il 2020, rispetto al 2007, e di fare in modo che il 100% delle acque reflue derivanti dalle proprie attività venga restituito in modo sicuro all’ambiente. E’ da rilevare che, per la prima volta, la società estenderà tali obiettivi anche alla supply chain. Dice l’AD Ivan Menezes : “Sappiamo di non potercela fare da soli. E’ necessario che collaboriamo con altri, con gli esperti, e invito i nostri fornitori, partner, clienti ed altri a lavorare con noi”. L’anno scorso, Coca-Cola ha avviato un progetto con il Dipartimento dell’Agricoltura Usa per il risanamento e la protezione di bacini idrografici compromessi negli Stati Uniti. Mentre alcuni attivisti hanno espresso la preoccupazione che accordi del genere possano risultare in conflitti di interesse, altri ritengono che le grandi corporation devono impegnarsi per la sostenibilità. “Presa singolarmente, un’impresa potrebbe fare un uso ottimale dell’acqua”, dice Greig, “ma non è significativo perché fa parte di un ciclo idrologico più grande che coinvolge altri utenti dell’acqua, esigenze diverse e impatti diversi”.   Fontehttp://www.theguardian.com/sustainable-business/2015/jun/16/six-things-business-needs-to-know-water-sustainability