Ucraina, alla crisi umanitaria si aggiunge quella ambientale

15 Mar, 2022 | Focus Mondo

Le devastazioni della guerra oltre le morti e la distruzione. Anche l’ambiente pagherà il caro prezzo del conflitto.

La guerra ancora una volta ci lascia ammutoliti di fronte al suo orrore fatto di morte e distruzione. Nella consapevolezza della tragedia umana che in queste ore continua a consumarsi, il pensiero va anche alle conseguenze che questo conflitto avrà sull’ambiente. Gli scienziati ucraini avevano già lanciato in passato l’allarme di un possibile disastro ecologicopiù profondo e pericoloso di Chernobyl” a seguito dei conflitti nella regione del Dombass. Il bollettino in questione risaliva al 2018 e arrivava dopo cinque anni di guerra nell’est dell’Ucraina, regione contesa e dilaniata da ben prima dell’invasione dello scorso febbraio. Quali saranno le conseguenze ambientali dell’attuale conflitto? Una cosa è certa: tra bombardamenti ed esplosioni, il costo di questa guerra per la popolazione ucraina non si conterà solo in morti e distruzione ma riguarderà anche una crisi ambientale che avrà pesanti strascichi nei prossimi anni. Tra miniere, siti di test nucleari abbandonati, reattori nucleari attivi, centrali elettriche e fabbriche chimiche, sotto il fuoco incrociato di bombe e missili i rischi ambientali sono sempre più vicini a trasformarsi in pesanti danni.

L’inquinamento delle falde acquifere

La regione del Donbass, secondo una stima del 2015 della Banca Mondiale, deve il suo valore economico strategico a circa 900 impianti industriali, tra fabbriche metallurgiche, siti chimici ad alto rischio, più di 200 miniere, siti di materiali radioattivi, migliaia di chilometri (più di 1.100) di tubature di gas, petrolio e ammoniaca. E un totale di circa 10 miliardi di tonnellate di rifiuti industriali. Non siamo di fronte a una polveriera ma a un intricato campo minato pronto a esplodere alla minima sollecitazione. O alla prima bomba. Ognuno di questi siti industriali potrebbe essere colpito, rilasciando nell’aria, nel suolo e nell’acqua sostanze tossiche per le persone e l’ambiente, determinando una vera e propria crisi ambientale in Ucraina.

Il primo grande rischio ambientale è legato all’inquinamento idrico relativo alle miniere abbandonate del Donbass. Il motivo è semplice. Una volta che una miniera viene dismessa non può essere lasciata a se stessa: è necessario continuare a pompare fuori l’acqua per evitare che i bacini idrici siano contaminati da metalli pesanti come il piombo o il mercurio. E in questo momento, sotto il fuoco dei russi, molti siti hanno fermato le operazioni. Già a fine febbraio i satelliti hanno rilevato come l’acqua stesse dilagando nelle miniere abbandonate nell’Ucraina orientale.

La situazione più calda riguarda la miniera di carbone Yunkom, sito per test nucleari sovietici nella fine degli anni Settanta. Proprio in questo luogo i satelliti hanno segnalato un rilevante rigonfiamento del terreno, causato dalle infiltrazioni di acqua. E proprio in relazione a questo sito e a un suo possibile allagamento, nel 2018 il ministro dell’ecologia Ostap Semerak aveva pronunciato l’espressione “seconda Chernobyl”.

La crisi ambientale in Ucraina passa anche dallo spettro del nucleare

L’altra grande preoccupazione ambientale sul conflitto in Ucraina è legata alla numerosissima presenza di impianti nucleari, sia dismessi che in attività. Due dei quali, Chernobyl e Zaporizhzhia sono ora in mano ai russi e non stanno trasmettendo più dati, secondo l’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica). Benché per il momento non sembrino esserci rischi immediati – a detta della stessa Agenzia – la situazione va costantemente monitorata e non è sicuramente delle più serene. In ogni caso, dove ci sono centrali nucleari, il rischio di un incidente di guerra è altissimo, come anche la gravità delle conseguenze. Molti combattimenti inoltre si stanno tenendo in aree urbane come Kyiv, Mariupol e Kharkiv dove si trovano depositi di rifiuti radioattivi, che sono finiti sotto il fuoco degli aerei e dell’artiglieria.

CO, polveri sottili e fumi tossici: anche l’aria non sta bene (e non stava bene nemmeno prima)

Ai potenziali disastri ambientali legati alle specifiche connotazioni territoriali dell’Ucraina e al danneggiamento di impianti industriali, si aggiungono quelli legati alle attività belliche. La guerra distrugge gli ecosistemi, porta alla dispersione di polveri sottili nell’aria, causa l’emissione di fumi tossici e non da ultimo produce tantissima CO₂ (qui una ricerca che dimostra come l’esercito degli Stati Uniti abbia una impronta carbonica più pesante di molti Paesi).

Secondo i dati dell’ONU, già nel 2018 il conflitto nel Donbass aveva portato alla distruzione di 530mila ettari di ecosistemi, comprese 18 riserve naturali con una superficie totale di 80mila ettari. Gli scontri, inoltre, avevano colpito 150mila ettari di foreste, causando fino a 12mila incendi boschivi.

Tutti questi elementi vanno ad aggravare la situazione di un Paese, l’Ucraina, che secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è già uno dei più inquinati. La sua qualità dell’aria è considerata “moderatamente insicura”. Possiamo immaginare il livello di inquinamento che seguirà a questa guerra? Incendi, movimenti militari, esplosioni avranno seri impatti sulla qualità dell’aria e dell’acqua. E anche sulle emissioni di gas serra, che aumenteranno a causa di tutte le attività legate alla guerra, dirette e indirette.

Il vero prezzo di questa guerra si conoscerà solo in futuro

Si possono valutare i rischi, soppesando i pericoli e monitorando i danni, ma la verità è che il vero prezzo di questa guerra, l’impatto profondo che avrà sulla vita delle persone coinvolte, si conoscerà solo una volta terminata. E ancora oltre, negli anni a venire, perché molte delle sue conseguenze – sulla salute delle persone e di tutti gli ecosistemi – saranno a lungo termine. Si combatte oggi, ma si distruggono in un colpo solo il presente e il domani.

Micol Burighel

 

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