Geoff Dembicki

Il dibattito sul cambiamento climatico è intrappolato in un “ghetto di sinistra”. Questa la conclusione provocatoria di un gruppo di politici, ambientalisti, giornalisti e imprenditori riunitosi recentemente a Londra.
Secondo un recente rapporto, “il risultato di venti anni di ‘awareness raising’, di suppliche grandiose per il salvataggio del pianeta, di chiacchiere infinite sul sacrificio, di messaggi apocalittici e di foto di orsi polari hanno intrappolato il cambiamento climatico in una nicchia dalla quale è urgente uscire”.

Recenti indagini confermano tale conclusione: meno della metà dei britannici è convinto che le attività dell’uomo stiano cambiando il clima, dicono i dati di un’indagine Angus Reid. Numeri simili sono stati rilevati tra i nordamericani: solo il 58 percento dei canadesi concorda con l’affermazione condivisa dal 97 percento degli scienziati del clima che “il surriscaldamento globale è un fatto e la causa principale sono le emissioni dei veicoli e degli impianti industriali”.

Perché una parte così significativa della popolazione nega l’urgenza del riscaldamento globale? Un corpo crescente di ricerche nel campo delle scienze sociali indica come, per due decenni, il linguaggio, la narrativa e le immagini sul surriscaldamento globale hanno rinforzato i valori liberali, con il risultato che oggi i conservatori vedono le soluzioni per il riscaldamento globale, e la scienza stessa, come un attacco ai propri valori.

Nello spazio in cui si dovrebbe trovare una narrativa conservatrice coerente e convincente sul cambiamento climatico esiste invece un vuoto” conclude il rapporto del gruppo riunitosi a Londra; “un vuoto riempito da voci scettiche”. Concordano alcuni prestigiosi scienziati sociali contattati in questi giorni da The Tyee, ma le loro ricerche sulla comunicazione ambientale indicano che c’è ancora tempo per rovesciare la situazione. Di seguito alcune delle osservazioni di queste ricerche, una specie di roadmap che potrebbe portare il dibattito sul cambiamento climatico fuori dal “ghetto di sinistra”.

1.      Siamo tutti un po’ irrazionali

Le ricerche suggeriscono che la destra e la sinistra affrontano i temi morali da prospettive profondamente diverse. Le persone liberali tendono avere forti reazioni emotive alle questioni “giusto/sbagliato” (protezione per gruppi vulnerabili) e “giustizia/imbroglio” (fare rispettare la giustizia).

I discorsi ambientali spesso evocano ambedue. Ad esempio: “Le aziende che lavorano le sabbie bituminose dell’Alberta non sono tenute a rispondere (giustizia/imbroglio) del loro contributo al riscaldamento del clima che nuocerà le persone più povere (giusto/sbagliato). La reazione logica della sinistra è di chiedere limiti rigorosi sulle emissioni dalle sabbie bituminose. Ma tale soluzione può provocare forti reazioni emotive dalle persone politicamente di destra. Questo perché la moralità conservatrice invece tende a enfatizzare questioni “lealtà/tradimento” (rispettare il proprio gruppo culturale), “autorità/sovversione” (rispettare le istituzioni tradizionali), e “reverenza/degrado” (prevenire l’oltraggio). Quindi la reazione della destra a possibili limiti sulle sabbie bituminose potrebbe essere: “Poiché tutti i canadesi traggono benefici dall’industria oil&gas (lealtà/tradimento), non dobbiamo vincolare i liberi mercati (autorità/sovversione) per limitare un gas senza odore che fuoriesce naturalmente (reverenza/degrado).

Queste reazioni emotive sono così profondamente radicate che spesso non ci rendiamo conto del loro impatto sulle nostre percezioni. Per coinvolgere i conservatori sul surriscaldamento globale, i liberali devono prima riconoscere i propri pregiudizi morali.

2. Le informazioni raramente sono neutrali

Chi propone azioni per combattere il cambiamento climatico tende a non capire che le persone filtrano le informazioni attraverso le proprie emozioni. Fornire le informazioni al pubblico è importante, come dimostra il documentario di Al Gore Una scomoda verità, ma forse non basta. Bisogna capire come i fatti forniti vengono ricevuti, dato che le persone si relazionano con le informazioni secondo le proprie prospettive morali.

Non succede che le persone analizzino le informazioni pacatamente prima di fare un giudizio morale. Quando si relazionano con le informazioni, hanno già delle opinioni morali coerenti.

Quando ad esempio i liberali vengono a sapere che le attività dell’uomo stanno riscaldando il pianeta, sono già predisposti, in senso morale, a credere che le aziende attive nelle sabbie bituminose e altri player nei carburanti fossili devono ridurre le proprio emissioni. I conservatori invece, potrebbero pensare che i player in questione sostengano lo stile di vita canadese e tendono quindi a respingere qualsiasi informazione contraria a tale convinzione, tra cui il fatto che le attività dell’uomo stanno riscaldando il pianeta.

Una volta che una persona crea un collegamento tra una posizione su un tema e la propria identità culturale, sarà molto difficile convincerla ad accettare qualcosa che contraddice tale identità.

3. Troppa paura può essere controproducente

Una tattica usata molto spesso dagli ambientalisti è la paura, nella convinzione che basta generare preoccupazioni riguardo al livello del mare, alla siccità e alle malattie infettive per convincere il pubblico ad agire. Secondo le ricerche degli scienziati sociali, invece, troppa paura può fare aumentare lo scetticismo riguardo al surriscaldamento globale. I conservatori tendono a credere che il mondo è ordinato e stabile, che le buone azioni vengono premiate e chi lo merita viene punito, mentre i liberali accettano che il mondo è caotico ed ingiusto. Secondo uno studio, chi crede in un mondo giusto non è disposto ad accettare previsioni climatiche apocalittiche; bisogna fornire loro soluzioni realistiche per convincerli a credere nel riscaldamento globale.

4. I messaggeri possono essere più importanti del messaggio

Dato che le persone di destra e di sinistra hanno prospettive diverse sulla moralità, che filtrano i fatti attraverso emozioni diverse e che non sono condizionate dalla paura nello stesso modo, cosa può fare chi lotta sui temi climatici per farsi sentire dall’altra parte? Forse dovrebbe dare il megafono a qualcun altro.

Da due decenni, il dibattito sul clima è stato portato avanti da scienziati, attivisti e politici (molti dei quali di posizione liberale). Nessuna meraviglia se non sono riusciti a coinvolgere grandi settori del pubblico, dice Susanne Moser, esperta della comunicazione in campo climatico. “Spesso è più importante il messaggero del messaggio. Se si vuole parlare degli impatti sulla salute del cambiamento climatico, ci vuole un medico, non uno scienziato”. La stessa cosa riguarda il pubblico conservatore. Un radio-presentatore di destra avrà molto più successo di un ambientalista quando si tratta di convincere un barbiere del Sud Carolina sul tema del cambiamento climatico.

5. L’argomento ‘verde’ ha delle limitazioni

Per convincere gli opinion leader non di sinistra che il surriscaldamento globale è urgente, occorre un nuovo linguaggio, che potrebbe non richiamare affatto i valori verdi. Uno studio recente ha trovato che riferimenti al risparmio energetico porta sia i liberali che i conservatori a scegliere le lampadine a basso consumo mentre quelli ai benefici climatici portano i conservatori a non comprarle. General Electric sembra aver imparato la lezione: presentando i piani per lo sviluppo dell’“Internet industriale”, Jeffrey Immelt, CEO di GE, ha parlato della “possibilità di ottenere riduzioni per miliardi di dollari per l’energia in settori come l’aviazione, la ferrovia, la produzione dell’elettricità e lo sviluppo dell’oil and gas”.

Evidentemente Immelt sa parlare il linguaggio del business. Un ufficiale dell’esercito, invece, potrebbe descrivere il cambiamento climatico come un “moltiplicatore di minacce”. Per il Vaticano, il riscaldamento globale ci obbliga a proteggere “i più indifesi della Terra”. Gli urbanisti vedono una sfida in termini di “resistenza urbana”. Gli agricoltori si preoccupano della possibilità di “rendimenti agricoli diminuiti”. I genitori vogliono “il migliore futuro possibile” per i propri figli e nipoti.

Quest’ultimo pensiero è forse quello più importante, cioè che un clima più caldo non è solo un tema ambientale, ma qualcosa con profonde implicazioni culturali per tutti.

Come dice il report dell’incontro londinese: “Si tratta di un tema che supera la politica, qualcosa in cui tutti – a prescindere della propria persuasione politica – hanno un interesse.”

http://thetyee.ca/News/2013/07/29/Conservatives-and-Climate-Change/